martedì 28 agosto 2007

DALL'INSERIMENTO BRADO ALL'INTEGRAZIONE
Le matrici dell’integrazione scolastica vanno ricercate nei principi costituzionali di democratizzazione dei provvedimenti dello stato per l’istruzione e l’educazione di tutti i cittadini. La Costituzione garantisce il diritto all’istruzione, all’educazione e alla formazione, prevedendo l’obbligatorietà e gratuità dell’istruzione di base.
Il diritto allo studio è infatti un diritto soggettivo in quanto relativo alla persona e funzionale in quanto contribuisce al suo sviluppo. La sua funzionalità ha anche valenza come bene sociale destinato a migliorare la società civile.
La nostra Costituzione sancisce anche l’uguaglianza tra cittadini e questo si riversa quindi nel diritto di tutti, e quindi anche dei diversamente abili, di veder garantito il diritto all’istruzione.
Dopo la fase dell’esclusione (dagli anni ‘20 a tutti gli anni ‘50), della medicalizzazione (gli anni ‘60) e dell’inserimento brado (dal ‘70 al ‘77), dalla fine degli anni ‘70 e per tutti gli anni ’80 l’inserimento costringe ad un ripensamento: inizia la fase dell’integrazione. Possiamo individuare alcuni momenti fondamentali che scandiscono l’evoluzione dell’integrazione scolastica:
1) la nascita della scuola media unica (L.1859/62) istitutiva delle classi differenziali, che aprono la possibilità di accedere alla scuola ordinaria, superiore di I° grado, e l’obbligo scolastico fino alla licenza o alla frequenza fino al quindicesimo anno di età, anche agli alunni “disadattati”. Nelle scuole speciali si prevede quindi l’inserimento solo di coloro che presentano handicap di gravità tale da non consentire la frequenza in scuole comuni;
2) il Documento Falcucci del 1975 (C.M. 227/75) che pone le basi culturali per il passaggio definitivo dall’inserimento all’integrazione le cui principali indicazioni possono essere così riassunte:
- la scuola si fa carico del problema dell’emarginazione, anche se ciò può significare rivedere il raggiungimento delle mete culturali minime in virtù di un grado di maturazione raggiunto riconoscendo a pieno titolo qualsiasi tipo di apprendimento, sia esso dovuto ad intelligenza logico/astratta o senso/motoria oppure al processo di socializzazione;
-la scuola deve quindi rivedere i suoi criteri di valutazione, le sue strutture organizzative, subordinare i mezzi ai fini;
- viene suggerito un modello di scuola per l’integrazione aperto all’intervento di più operatori, che possano fornire agli insegnanti un quadro generale delle condizioni ambientali, relazionali, psicologiche dell’alunno;
- essenziale è il lavoro d’equipe e interdisciplinare tra operatori diversi, che parlano diversi linguaggi, volto alla definizione e alla realizzazione di progetti educativi comuni.
3) Dalla fine degli anni 70, grazie anche alla L. 517/77, che recepì tutte le novità della circolare del ministro Falcucci (abolizione classi speciali e differenziali, inserimento nelle scuole elementari e medie normali, forme particolari di sostegno che prevedono programmazione collegiale, insegnante di sostegno e classi aperte) inizia un fermento. Furono anni di intenso lavoro politico per una più grande democratizzazione della società e della scuola italiana. Si combatteva contro ogni marginalizzazione sociale. L’appassionato dibattito socio-politico fece maturare una critica ad ogni struttura emarginante, ma soprattutto ai metodi di assistenza, cura ed educazione di tutti gli handicappati in ogni struttura chiusa. Iniziarono così -con questo spirito- le prime esperienze di chiusura degli istituti speciali e il conseguente inserimento scolastico, anche se la disorganizzazione e l’inadeguato approfondimento culturale rese il tutto scoordinato. Non s’era capito che il semplice stare con gli altri, la partecipazione passiva all’attività scolastica non avrebbe consentito alcun risultato se non di rigetto, anche se il principio del minimo progresso possibile stava lentamente penetrando nella coscienza della classe docente. L’impreparazione generale di tutto il corpo docente a supportare anche solo metodologicamente la novità non ricevette alcun aiuto dai pochi insegnanti detti di sostegno che l’Amministrazione si affrettò ad istituire. La presenza degli alunni disabili fece sì che la scuola si ponesse il problema della gestione della diversità in classe. Si impose il principio dell’uguaglianza, ma anche quello del rispetto delle diversità. Il principio pedagogico della scuola per tutti ma secondo ciascuno penetrò nel tessuto culturale dei docenti, sicché il bambino handicappato doveva sì essere il più possibile come gli altri, ma tenendo conto di un approccio della sua diversità sempre più vista come risorsa individuale. La dizione integrazione sostituì ben presto quello di inserimento sia nell’ambito scolastico, sia in quello sociale e legislativo. Iniziò allora un impegno attivo perché l’handicappato fosse integrato nel gruppo dei suoi coetanei, della scuola, del territorio. Inizialmente si trattò di intenti di non facile attuazione in quanto un tal cambio di mentalità socio-politico-culturale pose problemi di gestione organizzativa e indusse a processi di cambiamento interiore per un’assunzione di responsabilità non solo delle diverse comunità scolastiche, ma dei singoli cittadini che avevano in qualche misura un ruolo nella galassia handicap. Le norme di legge talora hanno anticipato e fatta maturare la sensibilità pubblica, ma le buone prassi delle esperienze più significative nel tessuto scolastico operante hanno anticipato e promosso le stesse iniziative legislative. Si ricordi che gli insegnanti di appoggio, come venivano chiamati quelli che ora la legge indica col termine sostegno, erano in situazione non solo di precariato, ma pure considerati insegnanti di serie B, a seconda del clima politico di un determinato ambiente, oppure erano mal sopportati o invitati a star fuori della porta delle classi o …. Si inizio comunque a comprendere che l’inserimento fisico dei disabili e il semplice stare insieme agli altri non poteva offrire di per sé alcun frutto. La fretta con cui erano state chiuse le scuole speciali e il misconoscimento dell’altro principio generale della didattica, l’individualizzazione (il primo lo si è già ricordato è la socializzazione, che tuttavia non consiste nella mera vicinanza fisica), aveva nel frattempo disperso tutto il patrimonio di esperienze che nei precedenti decenni le scuole speciali avevano accumulato. Gli insegnanti delle scuole che nelle scuole speciali -per quanto a centratura medicale- avevano un ruolo e una funzione specifica nell’educazione dei soggetti in difficoltà, dovettero in qualche modo riciclarsi e, poiché per lo più erano insegnanti di istituti non statali o comunque con una specializzazione non riconosciuta per fruirne nelle scuole ordinarie, finirono col disperdersi in mille rivoli a seconda dei loro titoli di studi riconosciuti.
4) Si arriva così alla legge 104/92 dove vengono affrontati i temi costituzionali della pari dignità sociale di tutti i cittadini, della rimozione degli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona e sancisce la scuola per tutti.

In questo lungo cammino possiamo notare come è stata capovolta l’impostazione tradizionale basata sulla necessità di effettuare gli interventi riparatori-riabilitativi prima di quelli didattici. Attualmente si decondiziona partendo dalla scolarizzazione. Gli alunni diversamente abili hanno diritto a frequentare la scuola ordinaria dalla materna all’università, con la garanzia di poter affrontare le proprie difficoltà in termini pedagogici e giuridici ben definiti, al fine di raggiungere il massimo dello sviluppo personale. Questo ha significato anche una maggior sensibilizzazione nel coinvolgimento delle diverse amministrazione ed istituzioni (scuola, sanità, enti locali, ambiente sociale e familiare) e la valorizzazione del fattore sinergico e coeducativo prodotto sul resto della classe che viene coinvolta delle metodologie e didattiche rivolte al diversamente abile.
I canoni dell’integrazione scolastica sono: mettere in primo piano la centralità dell’alunno nei processi scolastici, la piena dignità di tutti i linguaggi espressivi, l’accettazione del valore di tutte le intelligenze, la considerazione dei ritmi di apprendimento, la possibilità di attuare delle sperimentazioni didattiche-metodologiche, la programmazione rispettosa delle condizioni di partenza, degli obiettivi perseguibili, dei progressi obiettivamente valutabili, la possibilità di rilasciare attestati curricolari in sostituzione di quelli certificativi, ecc. (come si evince
anche dal Regolamento per l’autonomia delle istituzioni scolastiche).
(I canoni dell’integrazione scolastica possiamo sintetizzarli nell’utilizzazione dell’educazione scolastica, della cultura delle discipline scolastiche, adottare specifici criteri e metodologie didattiche, la socializzazione nelle interrelazioni con i compagni, l’apporto di tutti gli operatori (scolastici, sanitari, sociali e famiglia) per favorire il pieno sviluppo della persona nel rispetto di tutte le sue potenzialità.)
I punti cardine per l’integrazione scolastica possiamo così sintetizzarli:
- nulla deve impedire l’esercizio del diritto all’istruzione ed educazione;
- appropriata documentazione diagnostica, dinamica e funzionale;
- individuazione dei responsabili l’integrazione;
- attribuzione di rispettive competenze alle diverse istituzioni coinvolte;
- particolari accorgimenti metodologici e didattici;
- riconoscimento di adeguati criteri valutativi dei risultati conseguiti.
L’inserimento di un alunno disabile in una classe non costituisce integrazione se non sussiste la presenza di un insegnante per il sostegno. Ma è anche necessario che la cultura dell’integrazione sia diffusa a tutti i docenti e ai collaboratori scolastici, possibilmente prevedendo nei POF adeguate proposte di formazione e aggiornamento (compito dei Gruppi di lavoro).
Il processo di integrazione scolastica sembra aver superato la fase dell’inserimento selvaggio teso a salvaguardare il diritto di frequenza della scuola ordinaria per tutti anche trascurando la cura dei mezzi organizzativi e finanziari, a discapito del servizio e quindi del risultato, grazie anche alla specializzazione dei docenti di sostegno in atto in questi anni.

Diritto all’INTEGRAZIONE SCOLASTICA: va perseguita attraverso:
- lo sviluppo delle potenzialità delle persona con handicap;
- nell’apprendimento, nella comunicazione, nella relazione e socializzazione;
- la stipula di Accordi di Programma (per l’integrazione tra le attività scolastiche e attività integrative extra-scolastiche);
- la destinazione di risorse umane e strumentali (provvedimenti per le attrezzature e i sussidi, le inziative di sperimentazione didattico-organizzative, l’utilizzo degli insegnanti specializzati della scuola e gli assistenti per l’autonomia e la comunicazione messi a disposizione da altre amministrazioni),
- l’assegnazione di docenti specializzati;
- l’attivazione dell’orientamento (a partire dalla prima media);
- gruppi di studio;
- classi aperte;
- programmazione individualizzata.
L’integrazione scolastica è un fattore che anticipa e promuove la successiva integrazione sociale e lavorativa (vedi integrazione).
Pubblicato da concettina o commenti

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