mercoledì 29 agosto 2007

L'autonomia scolastica nel processo di integrazione

La L.59/1997 e la conseguente normativa secondaria (DPR N.275/1999, che regola l’autonomia delle istituzioni scolastiche; D.lgs. N. 112/1998, che attribuisce nuove funzioni alle Regioni, alle Province e ai Comuni) hanno provocato una vera e propria trasformazione del modello di governo dell’intero sistema di istruzione e formazione, al centro del quale viene posta, con tutta evidenza, la singola istituzione scolastica autonoma.

Nella sua forte autonomia, ogni istituzione scolastica non dipende più da altri soggetti istituzionali del territorio, ma anzi diventa, sul piano educativo e formativo, interlocutrice autorevole nonché risorsa dei medesimi.

L’autonomia delle scuole permette una larga flessibilità nell’adattare l’offerta formativa al contesto socio-culturale locale secondo le soluzioni ritenute più adeguate e funzionali alla qualità dell’insegnamento/apprendimento in ogni particolare, prevedendo interventi adeguati alle peculiarità dei soggetti coinvolti. La flessibilità riconosciuta alle istituzioni scolastiche ha aperto uno spazio d’azione più ampio nell’ambito del quale si offrono adeguate opportunità di integrazione scolastica agli alunni diversamente abili nonchè agli studenti stranieri.

Santilli Iuvanita
R10008
SVT Benvenuto

Come migliorare l’integrazione scolastica

L’educazione e l’istruzione costituiscono un diritto umano che possiede un potere immenso di trasformazione. E’ su questa base che poggiano i pilastri della libertà, dell’uguaglianza, della democrazia e dello sviluppo umano sociale, politico ed economico.

Nella nostra società vivono persone che, a causa delle loro caratteristiche fisiche ed intellettive, hanno bisogno di un tipo di istruzione/educazione diversa da quella normalmente impartita dagli istituti educativi.

Queste persone hanno “bisogni speciali” per cui è necessario un ambito specifico di attività operativa e di ricerca che sia in grado di soddisfare le loro esigenze: l’educazione speciale.

Dal punto di vista giuridico la legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate del 5.2.1992 N.104 ha chiarito che l’integrazione scolastica delle persone diversamente abili deve essere sostenuta e facilitata con interventi volti a superare gli stati di emarginazione, di discriminazione e di esclusione, rispettando il loro diritto di scelta degli ambiti in cui promuovere la loro crescita umana e culturale.

L’espletamento dell’educazione speciale è affidato all’insegnante di sostegno cioè ”l’insegnante specializzato” che viene assegnato alla classe in cui è inserito il soggetto diversamente abile al fine di attuare nell’ambito della classe forme di integrazione.

Dunque l’insegnante di sostegno ha un ruolo determinante nel processo di integrazione.

Tuttavia a riguardo ci sono diverse correnti di pensiero infatti: alcuni insegnanti ritengono che i principi e la prassi dell’educazione speciale perdono ogni valore se trasferiti in un ambiente scolastico normale e che sia quindi del tutto inutile uno scambio di informazioni tra questi due contesti di insegnamento; altri invece hanno compreso il valore dell’educazione speciale come terreno di prova privilegiato per il progresso delle conoscenze pedagogiche generali. Questo atteggiamento considera importantissimo lo scambio di dati tra le metodologie dell’educazione speciale e di quella normale.

Sicuramente, ciò che l’educazione speciale può offrire all’educazione normale è l’enorme bagaglio di esperienze e di sentimenti maturati dagli insegnanti che lavorano con ragazzi con esigenze particolari e disturbi nei processi di apprendimento e sviluppo.

La risposta a queste esigenze richiede, secondo il mio modesto parere, una buona dose di costanza e di creatività e l’applicazione intelligente e sensibile di vari principi psicologici.

Anche gli insegnanti specializzati nel recupero e nel sostegno possono, a loro volta, imparare dagli insegnanti di “classe”, per esempio come organizzare, motivare e “distribuire” l’istruzione per gruppi più numerosi di studenti e come valutarne i progressi.

Santilli Iuvanita

R10008

SVT Benvenuto

Soggetti istituzionali coinvolti nel processo di orientamento

Soggetti istituzionali coinvolti nel processo di orientamento
Si richiama l’attenzione sul fatto che le connotazioni pedagogiche didattiche e metodologiche del processo di orientamento non investono soltanto i soggetti coinvolti della scuola (Organi Collegiali, docenti, capi d’istituto e discenti), nonché i diversi ordini di scuole, dalla Materna alle Università, ma anche Enti Locali, UU.SS.LL. e Università.
In questa prospettiva aiutare l’alunno a scegliere significa aver valutato le sue risorse ed attitudini, valutato le sue capacità, sottolineato le valenze educative del suo curricolo culturale e formativo in vista di obiettivi raggiungibili a breve, media e lunga scadenza perché il suo processo formativo è connaturato al processo orientativo.
Il compito dell’insegnante specializzato destinato ad operare in presenza di situazioni di handicap può pertanto essere considerato un sistema cui concorrono i seguenti fattori costitutivi:
- sul versante della scuola: il coinvolgimento del capo d’istituto e dei cocenti per la promozione dei rapporti con gli EE.LL. e le UU.SS.LL. e la costituzione dei gruppi di lavoro cui compete la formulazione degli strumenti metodologici didattici per la formazione e l’orientamento;
- l’apporto della famiglia in grado di dare informazioni sulle aspirazioni dell’alunno e guidare le scelte.
Come risulta dalla normativa che si richiama nei seguenti:
Estratti di riferimento:
CM. 258/83
Indicazioni di linee di intesa fra Scuola, Enti Locali ed UU.SS.LL. in materia di integrazione scolastica degli alunni portatori di handicap.
Orientamento. Gli operatori anche con l’aiuto delle Associazioni, delle famiglie e dei servizi specializzati procedono, per quanto di competenza, alla predisposizione e ricognizione delle strutture: scolastiche, di formazione professionale e di avviamento al lavoro e alla ricognizione dei centri e laboratori, verso i quali orientare gli alunni portatori di handicap, durante e dopo l’adempimento dell’obbligo scolastico; consigliano ed aiutano le famiglie.
Lo stato e gli Enti Locali, nell’ambito delle rispettive competenze, collaborano per la eliminazione delle barriere architettoniche e per l’apprestamento di specifici strumenti che permettono l’esercizio della facoltà di comunicazione orale e/o scritta per l’alunno portatore di handicap fisico e/o sensoriale.

Gaspare Marrone matr. R09990
gruppo creativi SVT Benvenuto

Il ruolo dell'insegnante di sostegno nel processo di integrazione scolastica

Il ruolo dell’insegnante di sostegno processo di integrazione scolastica
L’insegnante di sostegno è un insegnante specializzato che viene assegnato, in piena contitolarità con gli altri docenti, alla classe in cui è inserito il soggetto diversamente abile per attuare “forme di integrazione a favore degli alunni portatori di handicap” e “realizzare interventi individualizzati in relazione alle esigenze dei singoli alunni”.
L’insegnante di sostegno ha un ruolo determinante nel processo di integrazione quanto più abbandona posizioni marginali e si prospetta come risorsa competente e mediatrice. Integrato nell’organizzazione della scuola, l’insegnante di sostegno non si limita al rapporto esclusivo con l’allievo in situazione di handicap, ma lavora con la classe, così da fungere da mediatore tra l’allievo disabile e i compagni, tra l’allievo disabile e gli insegnanti, tra l’allievo disabile e la scuola. “E’ solo in questo modo che l’insegnante di sostegno può abbandonare la tendenza così spesso riscontrata, di porre se stesso e l’allievo in posizione di centralità satellitare che si autoreferenzia; perché solo in questo modo si fa obbligo agli altri docenti di condividere anche la gestione e l’indirizzo del progetto d’integrazione” (L. Carelli, L’handicap fa bene alla scuola, in Dirigere la scuola, ottobre 2003, p. 6).
L’insegnante di sostegno dovrebbe lavorare con gli insegnanti di classe in sede di programmazione e di individuazione di strategie atte alla realizzazione di processi integranti di insegnamento. Nel team teaching, questo insegnante “speciale” si dovrebbe pertanto trovare a pianificare con i colleghi l’attività d’insegnamento per tutta la classe ed assumersi, in rapporto a sue specifiche competenze didattiche, alcune responsabilità d’insegnamento per i diversi alunni. Il compito dell’insegnante di sostegno dovrebbe essere quello di collaborare con gli altri insegnanti al fine di adattare il curricolo pensando a tutti gli studenti, esaminando i problemi che si potrebbero incontrare e sviluppando metodi di insegnamento e materiali che permettano il loro superamento e, trattando, nel fare ciò, le difficoltà dei soggetti disabili come aree problematiche del curricolo stesso più che bisogni speciali di un solo soggetto. Sempre in collaborazione con gli altri docenti dovrebbe partecipare alla programmazione del “quotidiano insegnamento”, contribuire alla scelta di strategie di insegnamento utilizzabili con tutta la classe e collaborare alla predisposizione dei materiali e dei supporti didattici facilitanti l’apprendimento dei diversi alunni, partecipare attivamente all’erogazione di insegnamenti nei
confronti dell’intera classe.

Gaspare Marrone matr. R09990
gruppo creativi SVT Benvenuto

martedì 28 agosto 2007

I 10 COMANDAMENTI PER FACILITARE L'INTEGRAZIONE
1) Sapere perchè l'alunno è in classe
2) Sapere perchè l'insegnante di sostegno è presente in classe
3) Sostenere l'alunno nel prendere parte attivamente a tutte le attività scolastiche sia in classe che fuori
4) Fare qualcosa "con" invece che "per" l'alunno
5) Far partecipare l'alunno alle conversazioni e non parlare di lui in sua presenza
6) Avere nei confronti dell'alunno le stesse aspettative che si hanno verso i suoi coetanei
7) Favorire l'integrazione dei compagni e degli insegnanti con l'alunno
8) Conoscere le regole della scuola e della classe
9) Far parte integrante della classe lavorando con tutti gli alunni
10) Osservare le relazioni dell'insegnante e dei compagni al comportamento problematico dell'alunno
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ACCORDI DI PROGRAMMA
Ai sensi della L. 142/90 viene data definizione di Accordo di programma a tutte le intese finalizzate all’integrazione scolastica cui hanno il compito di collaborare le varie istituzioni: Provveditorato agli Studi, Distretti Scolastici, Istituzioni Scolastiche, Regioni, provincie, Comuni, ASL. Può essere definito documento base degli Accordi di Programma il DPR 24 febbraio 1994, Atto di indirizzo e di coordinamento dei compiti spettanti alle istituzioni in materia di alunni portatori d’handicap.
Gli accordi di programma devono individuare non solo le rispettive competenze degli enti sottoscrittori, ma pure i flussi finanziari relativi ai diversi servizi approntati; gli accordi di programma sono finalizzati alla programmazione coordinata del progetto didattico, di quello riabilitativo e di socializzazione che sono lo sviluppo del piano educativo individualizzato. I criteri per le modalità di stipula degli accordi di programma sono stati dettati con il decreto interministeriale del 09/07/92. Sono previsti finanziamenti per l’acquisto di ausili e sussidi didattici e per sperimentazioni; possono essere coinvolti soggetti specializzati e pubblici e privati; debbono essere assicurati assistenti per l’autonomia e comunicazione forniti dagli enti locali; debbono essere assicurati insegnanti specializzati per le attività di sostegno anche nelle scuole superiori.
Nell’Accordo vengono definite le funzioni della scuola e delle istituzioni che interagiscono con essa per l’attuazione del processo di integrazione. Esso è finalizzato alla “programmazione coordinata delle attività formative, sanitarie, socio-assistenziali, culturali e sportive”. Gli accordi possono essere stipulati a livello regionale, provinciale, comunale e da parte delle singole unità scolastiche autonome e con gli enti territoriali. L’accordo deve prevedere: gli obiettivi, le modalità, gli interventi finanziari, le risorse disponibili e i compiti di ciascun ente sottoscrittore. Scrive Nocera: “L’Accordo deve prevedere l’ammontare dei flussi finanziari previsti dai rispettivi bilanci, in modo da rendere possibile la realizzazione dei piani educativi individualizzati di tutti gli alunni in situazione di handicap che realizzano l’integrazione. L’Accordo deve altresì individuare per ciascun ente sottoscrittore l’ufficio competente dell’erogazione dei servizi o al pagamento delle somme indicate in bilancio”. Da ciò si evince che l’integrazione del disabile passa attraverso l’interazione dei servizi. In effetti la disabilità è un problema sociale complesso che può essere correttamente ed efficacemente affrontato solo con interventi contestuali da parte delle istituzioni che se ne occupano a vario titolo: enti
locali per l’aspetto assistenziale, ASL per l’aspetto diagnostico terapeutico, la scuola per l’aspetto formativo e didattico.
Presupposti dell’Accordo sono:
- l’autonomia delle parti contraenti;
- la condivisione dello stesso fine;
- la definizione dei ruoli e dei compiti;
- la complementarietà degli interventi;
Il fine dell’Accordo non è solo quello di garantire l’organicità dell’azione, ma anche consentire un’utilizzazione razionale delle risorse e impegnare formalmente le istituzioni coinvolte. Ciò che distingue gli accordi dalle intese è la previsione di un Collegio di Vigilanza che controlla eventuali inadempienze degli enti sottoscrittori.
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STRUMENTI E MODULISTICA
CERTIFICAZIONE
che cos’è: l’attestazione di deficit secondo il sistema diagnostico ICD 10.
cosa contiene: diagnosi descritta secondo codici dei cinque assi, (disabilità, relazione, comunicazione, apprendimento, motoria).
chi la redige: operatori dei servizi distrettuali integrati per l’Età Evolutiva. All’individuazione dell’alunno come persona handicappata al fine di assicurare l’esercizio del diritto all’educazione, all’istruzione e all’integrazione scolastica, di cui agli articoli 12 e 13 della Legge 104 del 1992, provvede lo specialista, su segnalazione ai servizi di base, anche da parte del competente Capo d’Istituto, ovvero lo psicologo esperto dell’età evolutiva, in servizio presso le ASL, che riferiscono alle direzioni sanitaria ed amministrativa, per i successivi adempimenti, entro il termine di 10 giorni dalle segnalazioni.
La richiesta della certificazione compete esclusivamente ai genitori o a chi esercita la patria potestà. Nel caso in cui i docenti all’inizio dell’anno scolastico accertino la presenza in classe di un alunno che abbia difficoltà di apprendimento o di relazioni tali da poter ritenere che possa trovarsi nelle condizioni di handicap devono informare la famiglia per l’avvio della prassi prevista al fine di ottenere le dovute previdenze; qualora la famiglia si rifiuti di far certificare l’alunno, il Capo d’Istituto deve informare i Servizi Sanitari per l’eventuale intervento del Tribunale dei Minori.
quando viene redatta: è formulata nel momento in cui l’alunno in situazione di handicap accede ai servizi dell’ASL.
a cosa serve: Il documento, vincolato dalla normativa in materia di segreto professionale, è necessario a dare avvio all’integrazione scolastica.

DIAGNOSI FUNZIONALE
Che cos’è: E’ il documento che dà la descrizione analitica della compromissione dello stato psicofisico dell’alunno
Che cosa contiene: Formulata da un’unità multidisciplinare (medico specialista della patologia segnalata, Specialista in Neuropsichiatria infantile, terapista della riabilitazione, operatori sociali in servizio presso l’unità sanitaria locale) è articolata in:
- anamnesi fisiologica e patologica prossima e remota del soggetto con particolare riferimento alla nascita, nonchè alle fasi di sviluppo neuro/psicologico, alle malattie, alle vaccinazioni, agli eventuali interventi di ospedalizzazione, agli eventuali programmi terapeutici in atto...ecc.
Diventa fondamentale per gli insegnanti sapere quanto le condizioni fisiche dell’alunno siano evolute positivamente o se via sia una tendenza al peggioramento;
- diagnosi clinica, redatta dal medico specialista nella patologia segnalata, esprime le conseguenze funzionali dell’infermità, indicando le previsioni dell’evoluzione naturale.
Deriva dall’acquisizione di elementi clinici e psicosociali acquisiti, i primi, tramite la visita medica diretta dell’alunno, i secondi, attraverso una specifica relazione in cui siano compresi:
- i dati anagrafici del soggetto;
- i dati relativi alle caratteristiche della famiglia.
Essendo finalizzata al recupero del soggetto portatore di handicap, deve tener particolarmente conto delle potenzialità registrabili in ordine ai seguenti aspetti:
a) cognitivo: livello di sviluppo raggiunto e capacità di integrazione delle competenze;
b) affettivo-relazionale: livello di autostima e rapporto con gli altri;
c) linguistico: comprensione, produzione e linguaggi alternativi;
d) sensoriale: tipo e grado di deficit con particolare riferimento a: vista, udito, tatto, ma anche ad olfatto e gusto;
e) motorio-prassico: motricità globale e motricità fine;
f) neuropsicologico: memoria, attenzione e organizzazione spazio temporale e relazionale;
g) autonomia personale e sociale.
Chi la redige: La Diagnosi funzionale è stilata dall’Unità Multidisciplinare dell’ASL al termine di un iter che comprende:
- la segnalazione del caso, che avviene a cura della famiglia anche su suggerimento del pediatra di base o della scuola, al servizio di neuropsichitria del territorio;
- la diagnosi clinica, che è effettuata dall’ASL;
- la valutazione del deficit individuato, per definire se esso qualifichi la persona come diversamente abile;
- la sottoscrizione di un modulo da parte dei genitori, in cui essi esprimono parere favorevole alla stesura della diagnosi funzionale;
- la stesura, a cura dell’Unità Multidisciplinare della stessa ASL; tale documento viene consegnato ai genitori e da essi alla scuola e rappresenta l’atto formale che attiva tutti i benefici e tutte le procedure dell’integrazione.
Quando viene redatto: nel momento in cui l’alunno in situazione di handicap accede ai servizi dell’ASL e nei passaggi da un ordine di scuola all’altro.
A cosa serve: essa ha come obiettivo fondamentale la conoscenza più estesa e approfondita possibile dell’alunno in difficoltà, conoscenza finalizzata alla realizzazione di attività didattiche significative ed efficaci.
Il compito dell’insegnante consiste nello studiare i dettagli che gli permettono di organizzarsi stenedendo un piano di priorità a partire dalle condizioni di partenza. Distinguere dove apparentemente non è possibile ottenere nulla da dove concentrare il proprio lavoro di costruzione e ricostruzione. Puntare sulle risorse dove si manifestano cenni di vitalità e sfruttarle per scoprirne di nascoste.

PDF Profilo Dinamico Funzionale
Che cos’è: è l’atto successivo alla Diagnosi Funzionale e raccoglie la sintesi conoscitiva dell’alunno.
Cosa contiene: descrive analiticamente la situazione iniziale e gli obiettivi educativi generali a breve e medio termine e va predisposto attraverso competenze plurime e interistituzionali.
Ha un carattere “previsionale” poiché ipotizza le possibili risposte dell’alunno alle stimolazioni e agli interventi proponibili anche in campo didattico.
Descrive i livelli di funzionalità, le dinamiche relazionali, gli apprendimenti, il quadro evolutivo e i potenziali di sviluppo (cognitivo, affettivo, comunicazionale, linguistico, sensoriale, motorio-prassico, neuropsicologico, autonomia e apprendimento).
Comprende:
- la descrizione funzionale dell’alunno in relazione alle difficoltà che l’alunno dimostra di incontrare nelle varie attività;
- l’analisi dello sviluppo potenziale dell’alunno a breve e medio termine, desunto dall’esame dei seguenti parametri:
a) cognitivo, esaminato nelle potenzialità esprimibili in relazione al livello di sviluppo raggiunto, alle strategie utilizzate per la soluzione dei compiti propri della fascia d’età, allo stile cognitivo, alla capacità di usare, in modo
integrato competenze diverse;
b) affettivo-relazionale, esaminato nelle potenzialità esprimibili rispetto all’area del sé, al rapporto con gli altri, alle motivazioni dei rapporti e dell’atteggiamento rispetto all’apprendimento scolastico, con i suoi diversi interlocutori;
c) comunicazionale, esaminato nelle potenzialità esprimibili in relazione alle modalità di interazione, ai contenuti prevalenti, ai mezzi privilegiati;
d) linguistico,esaminato nelle potenzialità esprimibili in relazione alla comprensione del linguaggio orale, alla produzione verbale, all’uso del pensiero verbale, all’uso dei linguaggi alternativi o integrativi;
e) sensoriale, esaminato, soprattutto, in riferimento alle potenzialità riferibili alla funzionalità uditiva, visiva e tattile;
h) motorio prassico, esaminato in riferimento alle potenzialità esprimibili in ordine alla motricità globale, alla motricità fine, alle prassie semplici e complesse e alle capacità di programmazione motorie interiorizzate;
i) neuropsicologico, esaminato in riferimento alle potenzialità esprimibili riguardo alle capacità mnestiche, alla capacità intellettiva e all’organizzazione spazio-temporale;
j) autonomia, esaminata con riferimento alle potenzialità esprimibili in relazione all’autonomia della persona e all’autonomia sociale;
k) apprendimento, esaminato in relazione alle potenzialità esprimibili all’età pre-scolare, scolare.
Chi lo redige: La sua compilazione spetta congiuntamente all’unità multidisciplinare dell’ASL, ai docenti curricolari e all’insegnante di sostegno con la collaborazione della famiglia.
Per quanto riguarda l’insegnante di sostegno, in questo momento egli dovrà cogliere le esigenze pedagogico-educative e tradurle nell’organizzazione metodologica e didattica, facendo interagire gli obiettivi educativi con quelli disciplinari propri dell’istruzione.
La scuola provvede ad elaborare:
- una descrizione funzionale relativa a ciò che sa fare l’alunno nelle varie aree;
- una successiva definizione degli obiettivi che l’alunno potrà presumibilmente raggiungere in ognuna delle aree.
I Servizi referenti dell’Azienda sanitaria provvedono ad elaborare:
- una descrizione delle potenzialità dell’alunno nelle varie aree;
- un’analisi di come l’alunno si pone in rapporto alle strategie operative.
Fonti del PDF sono: la Diagnosi Funzionale, il Fascicolo Personale, le informazioni della scuola precedente, le informazioni della famiglia, le osservazioni sistematiche
Quando viene redatto: Il PDF è elaborato una prima volta in seguito alla prima redazione della Diagnosi Funzionale. E’ obbligatorio aggiornarlo al termine della scuola materna, elementare, media e durante la scuola superiore. Nello specifico l’aggiornamento va fatto alla fine della 2^ e 4^ elementare, della 2^ media, nel biennio e nel 4° anno delle superiori. Spetta all’insegnante di sostegno ricordare l’attuazione di queste scadenze.
A cosa serve: serve ad indicare il prevedibile sviluppo che l’alunno handicappato può perseguire in tempi brevi (sei mesi) e medi (due anni). E’ utile quindi alla stesura del PEI per individuare le aree di intervento, le metodologie adeguate, e per ottimizzare le potenzialità dell’alunno.

PEI Piano Educativo Individualizzato
Che cos’è: è il progetto globale di vita dell’alunno che realizza l’integrazione, ossia la sintesi, fra il progetto educativo, riabilitativo e di socializzazione, senza la quale l’integrazione stessa diviene un insieme di interventi slegati e privi di progettualità.
Cosa contiene:;Contiene i progetti didattico-educativi, riabilitativi e di socializzazione individualizzati , le attività integrative scolastiche ed extrascolastiche.
E’ strutturato per aree: cognitiva, affettivo-relazionale, linguistica, sensoriale, motorio-prassica, neuro-psicologica, autonomia personale e sociale.
L’insegnante è tenuto a far valere la propria prestazione significando gli aspetti culturali, educativi e formativi nelle previsioni inerenti le varie attività e gli obiettivi stabiliti
Chi lo redige: è redatto su iniziativa coordinata degli organi comunali congiuntamente dagli operatori dell’USL, dal personale insegnante, dall’operatore psicopedagogico, in collaborazione con la famiglia.
Quando viene redatto: all’inizio di ogni anno scolastico; alla fine di ogni trimestre o nei tempi correlati con l’ordinaria ripartizione dell’anno scolastico, si devono verificare gli effetti degli interventi disposti a tutela delle potenzialità espresse dall’alunno handicappato, dei livelli di apprendimento e delle prestazioni educativo-riabilitative che dimostra di possedere.
A cosa serve: E’ utile alla conoscenza più approfondita dell’alunno al fine di ottimizzare gli interventi. Esso esplicita la programmazione didattica individualizzata ed esprime gli indicatori sulla base dei quali viene formulato dai docenti il giudizio sintetico espresso nella scheda di valutazione.
E’ di fondamentale importanza anche per documentare la richiesta eventuale di riduzione del numero di allievi nella formazione delle classi e l’assegnazione dell’insegnante di sostegno in deroga al rapporto 1/138;

NOMENCLATURA (dizionarietto) e modi di dire
Significati attribuiti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ai seguenti termini:
Menomazione: Qualsiasi perdita o anomalia transitoria o permanente a carico di strutture o funzioni psicologiche, fisiologiche e anatomiche
Disabilità: Qualsiasi restrizione o carenza, conseguente ad una menomazione, delle capacità a svolgere un’attività nel modo o nei limiti ritenuti normali per un essere umano
Handicap: Condizione di svantaggio in conseguenza di una menomazione o disabilità che limita o impedisce la possibilità di ricoprire un ruolo normalmente proprio a quella persona, in relazione all’età, sesso e condizioni socio-culturali. A questi la letteratura e la legislazione scolastica hanno aggiunto le locuzioni di:
Handicappato: Persona che in seguito ad evento morboso o traumatico intervenuto in epoca pre-peri-post natale presenti una menomazione delle proprie condizioni fisiche, psichiche e /o sensoriali che lo mettono in difficoltà di apprendimento o di relazione.
Svantaggiato Sostantivazione di “condizione di svantaggio legata a carenze familiari ed affettive, a situazioni di disagio economico e sociale, a divari culturali e linguistici dovuti a scarsità di stimolazioni intellettuali”
Le norme a tutela dei diritti delle persone in condizioni di handicap, dei mutilati ed invalidi si esprimono in termini di:
Portatori di handicap: Coloro che presentano una minorazione fisica, psichica, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio o di emarginazione.
Handicap gravi: Qualora la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l’autonomia personale, correlata all’età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o di relazione.
Invalidi: Persone affette da minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali che comportino una riduzione della capacità lavorativa
Nella pratica sono comunemente presenti le espressioni: “attività integrative” e “integrazione”. Con la prima s’intendono attività didattiche avviate con obiettivi di recupero, con la seconda il processo di inserimento dell’alunno handicappato nella scuola normale per l’integrazione scolastica e sociale. (Documento Falcucci genn. 75, L.517/77 – CM.227/75, CM.178/78)
Riguardo a “sostegno” ricorrono le seguenti locuzioni: “interventi di sostegno” (CM.250/85) s’intendono pratiche esercitate da personale docente fornito di titolo di studio a carattere psicologico o titolo di specializzazione.
“Attività ed iniziative di sostegno” (CM.178/78) tutte quelle promosse dai Consigli di Classe per recuperare ritardi negli apprendimenti.
E’ comunemente chiamato come “insegnante di sostegno” l’insegnante dotato di titolo di specializzazione (CM.199/79) da conseguire al termine di un corso teorico-pratico di durata biennale (DPR.970/75) i cui programmi sono approvati con Decreto (DM.226/95) sentito il Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione.
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