mercoledì 29 agosto 2007

L'autonomia scolastica nel processo di integrazione

La L.59/1997 e la conseguente normativa secondaria (DPR N.275/1999, che regola l’autonomia delle istituzioni scolastiche; D.lgs. N. 112/1998, che attribuisce nuove funzioni alle Regioni, alle Province e ai Comuni) hanno provocato una vera e propria trasformazione del modello di governo dell’intero sistema di istruzione e formazione, al centro del quale viene posta, con tutta evidenza, la singola istituzione scolastica autonoma.

Nella sua forte autonomia, ogni istituzione scolastica non dipende più da altri soggetti istituzionali del territorio, ma anzi diventa, sul piano educativo e formativo, interlocutrice autorevole nonché risorsa dei medesimi.

L’autonomia delle scuole permette una larga flessibilità nell’adattare l’offerta formativa al contesto socio-culturale locale secondo le soluzioni ritenute più adeguate e funzionali alla qualità dell’insegnamento/apprendimento in ogni particolare, prevedendo interventi adeguati alle peculiarità dei soggetti coinvolti. La flessibilità riconosciuta alle istituzioni scolastiche ha aperto uno spazio d’azione più ampio nell’ambito del quale si offrono adeguate opportunità di integrazione scolastica agli alunni diversamente abili nonchè agli studenti stranieri.

Santilli Iuvanita
R10008
SVT Benvenuto

Come migliorare l’integrazione scolastica

L’educazione e l’istruzione costituiscono un diritto umano che possiede un potere immenso di trasformazione. E’ su questa base che poggiano i pilastri della libertà, dell’uguaglianza, della democrazia e dello sviluppo umano sociale, politico ed economico.

Nella nostra società vivono persone che, a causa delle loro caratteristiche fisiche ed intellettive, hanno bisogno di un tipo di istruzione/educazione diversa da quella normalmente impartita dagli istituti educativi.

Queste persone hanno “bisogni speciali” per cui è necessario un ambito specifico di attività operativa e di ricerca che sia in grado di soddisfare le loro esigenze: l’educazione speciale.

Dal punto di vista giuridico la legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate del 5.2.1992 N.104 ha chiarito che l’integrazione scolastica delle persone diversamente abili deve essere sostenuta e facilitata con interventi volti a superare gli stati di emarginazione, di discriminazione e di esclusione, rispettando il loro diritto di scelta degli ambiti in cui promuovere la loro crescita umana e culturale.

L’espletamento dell’educazione speciale è affidato all’insegnante di sostegno cioè ”l’insegnante specializzato” che viene assegnato alla classe in cui è inserito il soggetto diversamente abile al fine di attuare nell’ambito della classe forme di integrazione.

Dunque l’insegnante di sostegno ha un ruolo determinante nel processo di integrazione.

Tuttavia a riguardo ci sono diverse correnti di pensiero infatti: alcuni insegnanti ritengono che i principi e la prassi dell’educazione speciale perdono ogni valore se trasferiti in un ambiente scolastico normale e che sia quindi del tutto inutile uno scambio di informazioni tra questi due contesti di insegnamento; altri invece hanno compreso il valore dell’educazione speciale come terreno di prova privilegiato per il progresso delle conoscenze pedagogiche generali. Questo atteggiamento considera importantissimo lo scambio di dati tra le metodologie dell’educazione speciale e di quella normale.

Sicuramente, ciò che l’educazione speciale può offrire all’educazione normale è l’enorme bagaglio di esperienze e di sentimenti maturati dagli insegnanti che lavorano con ragazzi con esigenze particolari e disturbi nei processi di apprendimento e sviluppo.

La risposta a queste esigenze richiede, secondo il mio modesto parere, una buona dose di costanza e di creatività e l’applicazione intelligente e sensibile di vari principi psicologici.

Anche gli insegnanti specializzati nel recupero e nel sostegno possono, a loro volta, imparare dagli insegnanti di “classe”, per esempio come organizzare, motivare e “distribuire” l’istruzione per gruppi più numerosi di studenti e come valutarne i progressi.

Santilli Iuvanita

R10008

SVT Benvenuto

Soggetti istituzionali coinvolti nel processo di orientamento

Soggetti istituzionali coinvolti nel processo di orientamento
Si richiama l’attenzione sul fatto che le connotazioni pedagogiche didattiche e metodologiche del processo di orientamento non investono soltanto i soggetti coinvolti della scuola (Organi Collegiali, docenti, capi d’istituto e discenti), nonché i diversi ordini di scuole, dalla Materna alle Università, ma anche Enti Locali, UU.SS.LL. e Università.
In questa prospettiva aiutare l’alunno a scegliere significa aver valutato le sue risorse ed attitudini, valutato le sue capacità, sottolineato le valenze educative del suo curricolo culturale e formativo in vista di obiettivi raggiungibili a breve, media e lunga scadenza perché il suo processo formativo è connaturato al processo orientativo.
Il compito dell’insegnante specializzato destinato ad operare in presenza di situazioni di handicap può pertanto essere considerato un sistema cui concorrono i seguenti fattori costitutivi:
- sul versante della scuola: il coinvolgimento del capo d’istituto e dei cocenti per la promozione dei rapporti con gli EE.LL. e le UU.SS.LL. e la costituzione dei gruppi di lavoro cui compete la formulazione degli strumenti metodologici didattici per la formazione e l’orientamento;
- l’apporto della famiglia in grado di dare informazioni sulle aspirazioni dell’alunno e guidare le scelte.
Come risulta dalla normativa che si richiama nei seguenti:
Estratti di riferimento:
CM. 258/83
Indicazioni di linee di intesa fra Scuola, Enti Locali ed UU.SS.LL. in materia di integrazione scolastica degli alunni portatori di handicap.
Orientamento. Gli operatori anche con l’aiuto delle Associazioni, delle famiglie e dei servizi specializzati procedono, per quanto di competenza, alla predisposizione e ricognizione delle strutture: scolastiche, di formazione professionale e di avviamento al lavoro e alla ricognizione dei centri e laboratori, verso i quali orientare gli alunni portatori di handicap, durante e dopo l’adempimento dell’obbligo scolastico; consigliano ed aiutano le famiglie.
Lo stato e gli Enti Locali, nell’ambito delle rispettive competenze, collaborano per la eliminazione delle barriere architettoniche e per l’apprestamento di specifici strumenti che permettono l’esercizio della facoltà di comunicazione orale e/o scritta per l’alunno portatore di handicap fisico e/o sensoriale.

Gaspare Marrone matr. R09990
gruppo creativi SVT Benvenuto

Il ruolo dell'insegnante di sostegno nel processo di integrazione scolastica

Il ruolo dell’insegnante di sostegno processo di integrazione scolastica
L’insegnante di sostegno è un insegnante specializzato che viene assegnato, in piena contitolarità con gli altri docenti, alla classe in cui è inserito il soggetto diversamente abile per attuare “forme di integrazione a favore degli alunni portatori di handicap” e “realizzare interventi individualizzati in relazione alle esigenze dei singoli alunni”.
L’insegnante di sostegno ha un ruolo determinante nel processo di integrazione quanto più abbandona posizioni marginali e si prospetta come risorsa competente e mediatrice. Integrato nell’organizzazione della scuola, l’insegnante di sostegno non si limita al rapporto esclusivo con l’allievo in situazione di handicap, ma lavora con la classe, così da fungere da mediatore tra l’allievo disabile e i compagni, tra l’allievo disabile e gli insegnanti, tra l’allievo disabile e la scuola. “E’ solo in questo modo che l’insegnante di sostegno può abbandonare la tendenza così spesso riscontrata, di porre se stesso e l’allievo in posizione di centralità satellitare che si autoreferenzia; perché solo in questo modo si fa obbligo agli altri docenti di condividere anche la gestione e l’indirizzo del progetto d’integrazione” (L. Carelli, L’handicap fa bene alla scuola, in Dirigere la scuola, ottobre 2003, p. 6).
L’insegnante di sostegno dovrebbe lavorare con gli insegnanti di classe in sede di programmazione e di individuazione di strategie atte alla realizzazione di processi integranti di insegnamento. Nel team teaching, questo insegnante “speciale” si dovrebbe pertanto trovare a pianificare con i colleghi l’attività d’insegnamento per tutta la classe ed assumersi, in rapporto a sue specifiche competenze didattiche, alcune responsabilità d’insegnamento per i diversi alunni. Il compito dell’insegnante di sostegno dovrebbe essere quello di collaborare con gli altri insegnanti al fine di adattare il curricolo pensando a tutti gli studenti, esaminando i problemi che si potrebbero incontrare e sviluppando metodi di insegnamento e materiali che permettano il loro superamento e, trattando, nel fare ciò, le difficoltà dei soggetti disabili come aree problematiche del curricolo stesso più che bisogni speciali di un solo soggetto. Sempre in collaborazione con gli altri docenti dovrebbe partecipare alla programmazione del “quotidiano insegnamento”, contribuire alla scelta di strategie di insegnamento utilizzabili con tutta la classe e collaborare alla predisposizione dei materiali e dei supporti didattici facilitanti l’apprendimento dei diversi alunni, partecipare attivamente all’erogazione di insegnamenti nei
confronti dell’intera classe.

Gaspare Marrone matr. R09990
gruppo creativi SVT Benvenuto

martedì 28 agosto 2007

I 10 COMANDAMENTI PER FACILITARE L'INTEGRAZIONE
1) Sapere perchè l'alunno è in classe
2) Sapere perchè l'insegnante di sostegno è presente in classe
3) Sostenere l'alunno nel prendere parte attivamente a tutte le attività scolastiche sia in classe che fuori
4) Fare qualcosa "con" invece che "per" l'alunno
5) Far partecipare l'alunno alle conversazioni e non parlare di lui in sua presenza
6) Avere nei confronti dell'alunno le stesse aspettative che si hanno verso i suoi coetanei
7) Favorire l'integrazione dei compagni e degli insegnanti con l'alunno
8) Conoscere le regole della scuola e della classe
9) Far parte integrante della classe lavorando con tutti gli alunni
10) Osservare le relazioni dell'insegnante e dei compagni al comportamento problematico dell'alunno
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ACCORDI DI PROGRAMMA
Ai sensi della L. 142/90 viene data definizione di Accordo di programma a tutte le intese finalizzate all’integrazione scolastica cui hanno il compito di collaborare le varie istituzioni: Provveditorato agli Studi, Distretti Scolastici, Istituzioni Scolastiche, Regioni, provincie, Comuni, ASL. Può essere definito documento base degli Accordi di Programma il DPR 24 febbraio 1994, Atto di indirizzo e di coordinamento dei compiti spettanti alle istituzioni in materia di alunni portatori d’handicap.
Gli accordi di programma devono individuare non solo le rispettive competenze degli enti sottoscrittori, ma pure i flussi finanziari relativi ai diversi servizi approntati; gli accordi di programma sono finalizzati alla programmazione coordinata del progetto didattico, di quello riabilitativo e di socializzazione che sono lo sviluppo del piano educativo individualizzato. I criteri per le modalità di stipula degli accordi di programma sono stati dettati con il decreto interministeriale del 09/07/92. Sono previsti finanziamenti per l’acquisto di ausili e sussidi didattici e per sperimentazioni; possono essere coinvolti soggetti specializzati e pubblici e privati; debbono essere assicurati assistenti per l’autonomia e comunicazione forniti dagli enti locali; debbono essere assicurati insegnanti specializzati per le attività di sostegno anche nelle scuole superiori.
Nell’Accordo vengono definite le funzioni della scuola e delle istituzioni che interagiscono con essa per l’attuazione del processo di integrazione. Esso è finalizzato alla “programmazione coordinata delle attività formative, sanitarie, socio-assistenziali, culturali e sportive”. Gli accordi possono essere stipulati a livello regionale, provinciale, comunale e da parte delle singole unità scolastiche autonome e con gli enti territoriali. L’accordo deve prevedere: gli obiettivi, le modalità, gli interventi finanziari, le risorse disponibili e i compiti di ciascun ente sottoscrittore. Scrive Nocera: “L’Accordo deve prevedere l’ammontare dei flussi finanziari previsti dai rispettivi bilanci, in modo da rendere possibile la realizzazione dei piani educativi individualizzati di tutti gli alunni in situazione di handicap che realizzano l’integrazione. L’Accordo deve altresì individuare per ciascun ente sottoscrittore l’ufficio competente dell’erogazione dei servizi o al pagamento delle somme indicate in bilancio”. Da ciò si evince che l’integrazione del disabile passa attraverso l’interazione dei servizi. In effetti la disabilità è un problema sociale complesso che può essere correttamente ed efficacemente affrontato solo con interventi contestuali da parte delle istituzioni che se ne occupano a vario titolo: enti
locali per l’aspetto assistenziale, ASL per l’aspetto diagnostico terapeutico, la scuola per l’aspetto formativo e didattico.
Presupposti dell’Accordo sono:
- l’autonomia delle parti contraenti;
- la condivisione dello stesso fine;
- la definizione dei ruoli e dei compiti;
- la complementarietà degli interventi;
Il fine dell’Accordo non è solo quello di garantire l’organicità dell’azione, ma anche consentire un’utilizzazione razionale delle risorse e impegnare formalmente le istituzioni coinvolte. Ciò che distingue gli accordi dalle intese è la previsione di un Collegio di Vigilanza che controlla eventuali inadempienze degli enti sottoscrittori.
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STRUMENTI E MODULISTICA
CERTIFICAZIONE
che cos’è: l’attestazione di deficit secondo il sistema diagnostico ICD 10.
cosa contiene: diagnosi descritta secondo codici dei cinque assi, (disabilità, relazione, comunicazione, apprendimento, motoria).
chi la redige: operatori dei servizi distrettuali integrati per l’Età Evolutiva. All’individuazione dell’alunno come persona handicappata al fine di assicurare l’esercizio del diritto all’educazione, all’istruzione e all’integrazione scolastica, di cui agli articoli 12 e 13 della Legge 104 del 1992, provvede lo specialista, su segnalazione ai servizi di base, anche da parte del competente Capo d’Istituto, ovvero lo psicologo esperto dell’età evolutiva, in servizio presso le ASL, che riferiscono alle direzioni sanitaria ed amministrativa, per i successivi adempimenti, entro il termine di 10 giorni dalle segnalazioni.
La richiesta della certificazione compete esclusivamente ai genitori o a chi esercita la patria potestà. Nel caso in cui i docenti all’inizio dell’anno scolastico accertino la presenza in classe di un alunno che abbia difficoltà di apprendimento o di relazioni tali da poter ritenere che possa trovarsi nelle condizioni di handicap devono informare la famiglia per l’avvio della prassi prevista al fine di ottenere le dovute previdenze; qualora la famiglia si rifiuti di far certificare l’alunno, il Capo d’Istituto deve informare i Servizi Sanitari per l’eventuale intervento del Tribunale dei Minori.
quando viene redatta: è formulata nel momento in cui l’alunno in situazione di handicap accede ai servizi dell’ASL.
a cosa serve: Il documento, vincolato dalla normativa in materia di segreto professionale, è necessario a dare avvio all’integrazione scolastica.

DIAGNOSI FUNZIONALE
Che cos’è: E’ il documento che dà la descrizione analitica della compromissione dello stato psicofisico dell’alunno
Che cosa contiene: Formulata da un’unità multidisciplinare (medico specialista della patologia segnalata, Specialista in Neuropsichiatria infantile, terapista della riabilitazione, operatori sociali in servizio presso l’unità sanitaria locale) è articolata in:
- anamnesi fisiologica e patologica prossima e remota del soggetto con particolare riferimento alla nascita, nonchè alle fasi di sviluppo neuro/psicologico, alle malattie, alle vaccinazioni, agli eventuali interventi di ospedalizzazione, agli eventuali programmi terapeutici in atto...ecc.
Diventa fondamentale per gli insegnanti sapere quanto le condizioni fisiche dell’alunno siano evolute positivamente o se via sia una tendenza al peggioramento;
- diagnosi clinica, redatta dal medico specialista nella patologia segnalata, esprime le conseguenze funzionali dell’infermità, indicando le previsioni dell’evoluzione naturale.
Deriva dall’acquisizione di elementi clinici e psicosociali acquisiti, i primi, tramite la visita medica diretta dell’alunno, i secondi, attraverso una specifica relazione in cui siano compresi:
- i dati anagrafici del soggetto;
- i dati relativi alle caratteristiche della famiglia.
Essendo finalizzata al recupero del soggetto portatore di handicap, deve tener particolarmente conto delle potenzialità registrabili in ordine ai seguenti aspetti:
a) cognitivo: livello di sviluppo raggiunto e capacità di integrazione delle competenze;
b) affettivo-relazionale: livello di autostima e rapporto con gli altri;
c) linguistico: comprensione, produzione e linguaggi alternativi;
d) sensoriale: tipo e grado di deficit con particolare riferimento a: vista, udito, tatto, ma anche ad olfatto e gusto;
e) motorio-prassico: motricità globale e motricità fine;
f) neuropsicologico: memoria, attenzione e organizzazione spazio temporale e relazionale;
g) autonomia personale e sociale.
Chi la redige: La Diagnosi funzionale è stilata dall’Unità Multidisciplinare dell’ASL al termine di un iter che comprende:
- la segnalazione del caso, che avviene a cura della famiglia anche su suggerimento del pediatra di base o della scuola, al servizio di neuropsichitria del territorio;
- la diagnosi clinica, che è effettuata dall’ASL;
- la valutazione del deficit individuato, per definire se esso qualifichi la persona come diversamente abile;
- la sottoscrizione di un modulo da parte dei genitori, in cui essi esprimono parere favorevole alla stesura della diagnosi funzionale;
- la stesura, a cura dell’Unità Multidisciplinare della stessa ASL; tale documento viene consegnato ai genitori e da essi alla scuola e rappresenta l’atto formale che attiva tutti i benefici e tutte le procedure dell’integrazione.
Quando viene redatto: nel momento in cui l’alunno in situazione di handicap accede ai servizi dell’ASL e nei passaggi da un ordine di scuola all’altro.
A cosa serve: essa ha come obiettivo fondamentale la conoscenza più estesa e approfondita possibile dell’alunno in difficoltà, conoscenza finalizzata alla realizzazione di attività didattiche significative ed efficaci.
Il compito dell’insegnante consiste nello studiare i dettagli che gli permettono di organizzarsi stenedendo un piano di priorità a partire dalle condizioni di partenza. Distinguere dove apparentemente non è possibile ottenere nulla da dove concentrare il proprio lavoro di costruzione e ricostruzione. Puntare sulle risorse dove si manifestano cenni di vitalità e sfruttarle per scoprirne di nascoste.

PDF Profilo Dinamico Funzionale
Che cos’è: è l’atto successivo alla Diagnosi Funzionale e raccoglie la sintesi conoscitiva dell’alunno.
Cosa contiene: descrive analiticamente la situazione iniziale e gli obiettivi educativi generali a breve e medio termine e va predisposto attraverso competenze plurime e interistituzionali.
Ha un carattere “previsionale” poiché ipotizza le possibili risposte dell’alunno alle stimolazioni e agli interventi proponibili anche in campo didattico.
Descrive i livelli di funzionalità, le dinamiche relazionali, gli apprendimenti, il quadro evolutivo e i potenziali di sviluppo (cognitivo, affettivo, comunicazionale, linguistico, sensoriale, motorio-prassico, neuropsicologico, autonomia e apprendimento).
Comprende:
- la descrizione funzionale dell’alunno in relazione alle difficoltà che l’alunno dimostra di incontrare nelle varie attività;
- l’analisi dello sviluppo potenziale dell’alunno a breve e medio termine, desunto dall’esame dei seguenti parametri:
a) cognitivo, esaminato nelle potenzialità esprimibili in relazione al livello di sviluppo raggiunto, alle strategie utilizzate per la soluzione dei compiti propri della fascia d’età, allo stile cognitivo, alla capacità di usare, in modo
integrato competenze diverse;
b) affettivo-relazionale, esaminato nelle potenzialità esprimibili rispetto all’area del sé, al rapporto con gli altri, alle motivazioni dei rapporti e dell’atteggiamento rispetto all’apprendimento scolastico, con i suoi diversi interlocutori;
c) comunicazionale, esaminato nelle potenzialità esprimibili in relazione alle modalità di interazione, ai contenuti prevalenti, ai mezzi privilegiati;
d) linguistico,esaminato nelle potenzialità esprimibili in relazione alla comprensione del linguaggio orale, alla produzione verbale, all’uso del pensiero verbale, all’uso dei linguaggi alternativi o integrativi;
e) sensoriale, esaminato, soprattutto, in riferimento alle potenzialità riferibili alla funzionalità uditiva, visiva e tattile;
h) motorio prassico, esaminato in riferimento alle potenzialità esprimibili in ordine alla motricità globale, alla motricità fine, alle prassie semplici e complesse e alle capacità di programmazione motorie interiorizzate;
i) neuropsicologico, esaminato in riferimento alle potenzialità esprimibili riguardo alle capacità mnestiche, alla capacità intellettiva e all’organizzazione spazio-temporale;
j) autonomia, esaminata con riferimento alle potenzialità esprimibili in relazione all’autonomia della persona e all’autonomia sociale;
k) apprendimento, esaminato in relazione alle potenzialità esprimibili all’età pre-scolare, scolare.
Chi lo redige: La sua compilazione spetta congiuntamente all’unità multidisciplinare dell’ASL, ai docenti curricolari e all’insegnante di sostegno con la collaborazione della famiglia.
Per quanto riguarda l’insegnante di sostegno, in questo momento egli dovrà cogliere le esigenze pedagogico-educative e tradurle nell’organizzazione metodologica e didattica, facendo interagire gli obiettivi educativi con quelli disciplinari propri dell’istruzione.
La scuola provvede ad elaborare:
- una descrizione funzionale relativa a ciò che sa fare l’alunno nelle varie aree;
- una successiva definizione degli obiettivi che l’alunno potrà presumibilmente raggiungere in ognuna delle aree.
I Servizi referenti dell’Azienda sanitaria provvedono ad elaborare:
- una descrizione delle potenzialità dell’alunno nelle varie aree;
- un’analisi di come l’alunno si pone in rapporto alle strategie operative.
Fonti del PDF sono: la Diagnosi Funzionale, il Fascicolo Personale, le informazioni della scuola precedente, le informazioni della famiglia, le osservazioni sistematiche
Quando viene redatto: Il PDF è elaborato una prima volta in seguito alla prima redazione della Diagnosi Funzionale. E’ obbligatorio aggiornarlo al termine della scuola materna, elementare, media e durante la scuola superiore. Nello specifico l’aggiornamento va fatto alla fine della 2^ e 4^ elementare, della 2^ media, nel biennio e nel 4° anno delle superiori. Spetta all’insegnante di sostegno ricordare l’attuazione di queste scadenze.
A cosa serve: serve ad indicare il prevedibile sviluppo che l’alunno handicappato può perseguire in tempi brevi (sei mesi) e medi (due anni). E’ utile quindi alla stesura del PEI per individuare le aree di intervento, le metodologie adeguate, e per ottimizzare le potenzialità dell’alunno.

PEI Piano Educativo Individualizzato
Che cos’è: è il progetto globale di vita dell’alunno che realizza l’integrazione, ossia la sintesi, fra il progetto educativo, riabilitativo e di socializzazione, senza la quale l’integrazione stessa diviene un insieme di interventi slegati e privi di progettualità.
Cosa contiene:;Contiene i progetti didattico-educativi, riabilitativi e di socializzazione individualizzati , le attività integrative scolastiche ed extrascolastiche.
E’ strutturato per aree: cognitiva, affettivo-relazionale, linguistica, sensoriale, motorio-prassica, neuro-psicologica, autonomia personale e sociale.
L’insegnante è tenuto a far valere la propria prestazione significando gli aspetti culturali, educativi e formativi nelle previsioni inerenti le varie attività e gli obiettivi stabiliti
Chi lo redige: è redatto su iniziativa coordinata degli organi comunali congiuntamente dagli operatori dell’USL, dal personale insegnante, dall’operatore psicopedagogico, in collaborazione con la famiglia.
Quando viene redatto: all’inizio di ogni anno scolastico; alla fine di ogni trimestre o nei tempi correlati con l’ordinaria ripartizione dell’anno scolastico, si devono verificare gli effetti degli interventi disposti a tutela delle potenzialità espresse dall’alunno handicappato, dei livelli di apprendimento e delle prestazioni educativo-riabilitative che dimostra di possedere.
A cosa serve: E’ utile alla conoscenza più approfondita dell’alunno al fine di ottimizzare gli interventi. Esso esplicita la programmazione didattica individualizzata ed esprime gli indicatori sulla base dei quali viene formulato dai docenti il giudizio sintetico espresso nella scheda di valutazione.
E’ di fondamentale importanza anche per documentare la richiesta eventuale di riduzione del numero di allievi nella formazione delle classi e l’assegnazione dell’insegnante di sostegno in deroga al rapporto 1/138;

NOMENCLATURA (dizionarietto) e modi di dire
Significati attribuiti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ai seguenti termini:
Menomazione: Qualsiasi perdita o anomalia transitoria o permanente a carico di strutture o funzioni psicologiche, fisiologiche e anatomiche
Disabilità: Qualsiasi restrizione o carenza, conseguente ad una menomazione, delle capacità a svolgere un’attività nel modo o nei limiti ritenuti normali per un essere umano
Handicap: Condizione di svantaggio in conseguenza di una menomazione o disabilità che limita o impedisce la possibilità di ricoprire un ruolo normalmente proprio a quella persona, in relazione all’età, sesso e condizioni socio-culturali. A questi la letteratura e la legislazione scolastica hanno aggiunto le locuzioni di:
Handicappato: Persona che in seguito ad evento morboso o traumatico intervenuto in epoca pre-peri-post natale presenti una menomazione delle proprie condizioni fisiche, psichiche e /o sensoriali che lo mettono in difficoltà di apprendimento o di relazione.
Svantaggiato Sostantivazione di “condizione di svantaggio legata a carenze familiari ed affettive, a situazioni di disagio economico e sociale, a divari culturali e linguistici dovuti a scarsità di stimolazioni intellettuali”
Le norme a tutela dei diritti delle persone in condizioni di handicap, dei mutilati ed invalidi si esprimono in termini di:
Portatori di handicap: Coloro che presentano una minorazione fisica, psichica, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio o di emarginazione.
Handicap gravi: Qualora la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l’autonomia personale, correlata all’età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o di relazione.
Invalidi: Persone affette da minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali che comportino una riduzione della capacità lavorativa
Nella pratica sono comunemente presenti le espressioni: “attività integrative” e “integrazione”. Con la prima s’intendono attività didattiche avviate con obiettivi di recupero, con la seconda il processo di inserimento dell’alunno handicappato nella scuola normale per l’integrazione scolastica e sociale. (Documento Falcucci genn. 75, L.517/77 – CM.227/75, CM.178/78)
Riguardo a “sostegno” ricorrono le seguenti locuzioni: “interventi di sostegno” (CM.250/85) s’intendono pratiche esercitate da personale docente fornito di titolo di studio a carattere psicologico o titolo di specializzazione.
“Attività ed iniziative di sostegno” (CM.178/78) tutte quelle promosse dai Consigli di Classe per recuperare ritardi negli apprendimenti.
E’ comunemente chiamato come “insegnante di sostegno” l’insegnante dotato di titolo di specializzazione (CM.199/79) da conseguire al termine di un corso teorico-pratico di durata biennale (DPR.970/75) i cui programmi sono approvati con Decreto (DM.226/95) sentito il Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione.
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LA CONTINUITÀ EDUCATIVA
Realizzare la continuità educativa come è prescritto dai programmi della scuola dell’obbligo ai fini di garantire il diritto allo studio sancito dalla Costituzione anche negli ordini superiori di istruzione e formazione, significa da un lato: conciliare tra di loro i segmenti del sistema scolastico con tutti i rispettivi risvolti ordinamentali, di programma (contenuti disciplinari, standard minimi, criteri di valutazione, ecc.) pedagogici e didattici (insegnamento individualizzato, livelli di approfondimento, autonomia organizzativa e didattica, ecc.) dall’altro considerare l’individualità/singolarità dell’alunno come soggetto destinato di diritto all’educazione e formazione cui non devono essere opposti ostacoli per raggiungere i massimi livelli riscontrabili potenzialmente con la frammentarietà del sapere e pluralità del contesto socio/educativo in cui è inserito.
Soggetti: Gli operatori scolastici, soprattutto i docenti specializzati devono saper interagire con tutte le altre persone presenti nel sistema e al di fuori di esso. Ma più che sui programmi ed ordinamenti la continuità deve essere adottata come un criterio operativo attraverso la guida alle variabili soggettive e predisposizione di condizioni facilitanti.
Strumenti e metodi: Attraverso la Diagnosi Funzionale, il Profilo Dinamico Funzionale, il Progetto Educativo Individualizzato, si compone l’unitarietà di interventi del Curricolo e del Piano dell’Offerta Formativa ma sono indispensabili anche: Passaggio di informazioni, interpretazione dei messaggi, realizzazione di un reticolo di relazioni, raccordi extrascolastici.
Contenuti: Stima delle risorse personali e costruzione del sé. Formazione del senso critico. Autoanalisi delle aspirazioni e delle inclinazioni. Appropriazione dell’autonomia e capacità di scelta. Consapevolezza del valore della coerenza tra ideale assunto e sua realizzazione. Equilibrio affettivo, culturale, sociale. Costituzione di un appropriato bagaglio di conoscenze, capacità e competenze. Abilità nell’uso dei correnti linguaggi e codici nel mondo della scuola, del sociale e del lavoro. Educazione alla convivenza civile, sociale, democratica e multiculturale. Valorizzazione del passato, sperimentazione nel presente, progettazione del futuro.
La CM 1/88, sulla continuità verticale, prevede adempimenti funzionali ad assicurare un raccordo tra i gradi di dell’istruzione della scuola dell’obbligo che, per analogia, come richiamato dalla CM 262/88, possono essere applicati anche alla scuola secondaria superiore. Oltre alle intese preliminari tra i diversi ordini di scuola, è consentita:
- la possibilità che il docente di sostegno della scuola di provenienza partecipi alla elaborazione del Piano Educativo Individualizzato;
- la possibilità che lo stesso docente venga temporaneamente utilizzato nel grado di scuola successivo. La continuità del processo educativo, fattore rilevante per la positività dell'esperienza scolastica di ogni anno, per il bambino portatore di handicap diviene condizione di garanzia di interventi didattici che non procurino difficoltà nei passaggi dalla scuola materna alla scuola elementare e da questa alla scuola media.
L'alunno portatore di handicap, proprio in quanto “pone alla scuola una domanda più complessa di aiuto educativo e di sostegno didattico”, necessita più di ogni altro di una particolare attenzione educativa volta a realizzare un progetto individualizzato unitario che, pur nella differenziazione dei tre ordini di scuola - materna, elementare e media - consenta un'esperienza scolastica di ampio respiro, priva di fratture e sempre coerente con gli individuali bisogni educativi e ritmi di apprendimento. Per corrispondere all'esigenza di continuità tra i tre ordini di scuola, con specifico riferimento all'integrazione degli alunni portatori di handicap, è necessario, quindi, valorizzare il contributo che può derivare dalla collaborazione tra gli operatori delle diverse istituzioni scolastiche, per il coordinamento e l'integrazione dei rispettivi interventi. E’ opportuno a questo scopo individuare, nell'ambito dei tre livelli del sistema formativo di base, criteri e metodi che sul piano operativo agevolino il passaggio del- l'alunno portatore di handicap da un ordine di scuola a quello successivo.
Modalità operative di raccordo:
1) Nel periodo immediatamente successivo alle preiscrizioni degli alunni sarà utile effettuare incontri tra i capi d'istituto, gli insegnanti della sezione o della classe che il bambino portatore di handicap frequenta, i docenti di sostegno delle scuole materne ed elementare, o elementare e media, interessate al passaggio dell'alunno da un ordine di scuola a quello successivo, gli operatori dei servizi socio-sanitari e i genitori, per un primo esame della situazione ambientale nella quale il bambino dovrà inserirsi e per una prima valutazione di eventuali obiettive difficoltà riferite all'integrazione.
2) Al termine dell'anno scolastico conclusivo di una fase di scolarità dovrà essere fornita all'istituzione che accoglierà il bambino nel successivo ordine scolastico ogni notizia relativa agli interventi realizzati sul piano dell'integrazione e delle attività specificamente didattiche; dovrà altresì essere trasmessa integralmente la documentazione che riguarda l'alunno:
diagnosi funzionale, piano educativo individualizzato con le indicazioni relative alla sua attuazione, relazioni del docente di sostegno e degli insegnanti di sezione o di classe, scheda di valutazione ed ogni altro documento utile a favorire una iniziale conoscenza dell'iter scolastico del bambino e del livello di sviluppo raggiunto.
3) All'inizio dell'anno scolastico che segna il passaggio al successivo ordine di scuola, un incontro tra i capi d'istituto e gli insegnanti di sezione o di classe e di sostegno, che lasciano e accolgono l'alunno portatore di handicap, costituirà un impegno essenziale per l'integrazione del bambino nella nuova istituzione scolastica.
4) Un ulteriore possibile forma di raccordo può essere costituita dalla partecipazione -a titolo consultivo - del docente di sostegno della scuola di provenienza dell'alunno alla programmazione del nuovo piano educativo individualizzato, partecipazione che il capo d’istituto della scuola che accoglie l’alunno. d'intesa ,con il direttore didattico competente avrà cura di attivare secondo le modalità indicate dal Collegio dei docenti.
5) Nel caso in cui, per problematiche connesse alla situazione di handicap, il primo ambientamento nella nuova istituzione scolastica e il passaggio a nuove figure di riferimento costituiscano per l'alunno difficoltà tali da compromettere i risultati già raggiunti, potranno eccezionalmente essere sperimentati - previa autorizzazione del Provveditore agli Studi e limitatamente ai primi 2 – 3 mesi di frequenza del nuovo corso scolastico - interventi rivolti all'alunno da parte dell'insegnante di sostegno che lo ha seguito nel precedente ordine di scuola. L’iniziativa, adeguatamente motivata, dovrà essere assunta, d'intesa, dai collegi dei docenti delle due scuole interessate e la proposta dovrà essere trasmessa al Provveditore agli studi della scuola che accoglierà o ha già accolto l'alunno.
Il percorso scolastico per l’integrazione:
La continuità si inserisce tra due momenti dell’integrazione scolastica tra di loro in connessione: quello dell’iscrizione determinante per l’attivazione dei privilegi e vantaggi cui sono beneficiari gli alunni handicappati, soggetti al pari degli altri all’obbligo scolastico e formativo, e quello del passaggio tra i vari ordini di scuola che devono essere raccordati tra di loro per la continuità del processo di istruzione, educazione e formazione.
Per tutti gli alunni compresi gli handicappati sono fissati i seguenti termini di iscrizione
- 31 genn. Per le iscrizioni alle scuole materne ed alle classi iniziali delle scuole e degli istituti di istruzione elementare, media e secondaria superiore.
- 31 maggio (eccezionalmente 31 agosto) Per le iscrizioni ai corsi di scuola per lavoratori, ai corsi di educazione per adulti.
Il limite di iscrizione alla scuola materna è fino ai 6 anni con possibilità offerta al Collegio Docenti con la partecipazione degli specialisti medico-socio-psicopedagogici, di decidere l’accoglienza per bambini handicappati oltre i sei anni di età (CM.235/75).
All’atto dell’iscrizione l’alunno in condizioni di handicap deve essere accompagnato da Certificazione e Diagnosi Funzionale secondo il dettato del DPR. 24/2/94 richiamato nella CM.363/94. Nel caso in cui la famiglia si rifiuti di certificare l’alunno i servizi sociali, tramite
il capo d’istituto, possono far intervenire il Tribunale dei Minori.
Le successive iscrizioni nel corso di studi dovranno essere corredate anche dalla presentazione del Piano Educativo Individualizzato. I Capi d’istituto delle istituzioni di provenienza e destinazione dovranno accordarsi sulle procedure da attuare per garantire la continuità educativa.
L’obbligo formativo fissato in dodici anni e la possibilità di frequentare fino al 18° anno di età (L. 144/99 e DPR. 257/2000).
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Legge 104/92
La legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate è stata approvata il 05 febbraio 1992. Essa è formata da 44 articoli, riguardanti tutti gli aspetti della vita delle persone disabili. La legge quadro 104/92 afferma un principio fondamentale: “La Repubblica garantisce il pieno rispetto della persona handicappata e ne promuove la piena integrazione nella famiglia, nella scuola e nella società”. A seguito delle disposizioni contenute nella L. 104/92, l’integrazione scolastica viene supportata da una serie di strumenti didattico organizzativi che servono a rendere più efficace l’opera della scuola.
I principi sanciti possono così riassumersi:
1) diritto all’educazione e all’istruzione;
2) continuità didattica ed educativa (consultazione tra insegnanti, progetti di passaggio, conoscenza alunno);
3) orientamento (scelta, consapevolezza, progettazione);
4) valutazione (PEI, prove d’esame, diploma di frequenza, port-foglio).
Diritto all’EDUCAZIONE: va perseguita attraverso:
- l’integrazione nelle classi normali di ogni ordine e grado;
- elaborazione di specifici documenti (diagnosi funzionale, PDF, PEI)
- interventi socio-psico-pedagogici
Diritto all’ISTRUZIONE: va perseguita attraverso la programmazione da parte delle Scuole e Università di interventi adeguati in modo che il diritto all’educazione e istruzione non sia impedito da difficoltà apprendimento né da altre difficoltà derivanti dalle disabilità connesse all’handicap.
Diritto all’INTEGRAZIONE SCOLASTICA: va perseguita attraverso:
- lo sviluppo delle potenzialità delle persona con handicap;
- nell’apprendimento, nella comunicazione, nella relazione e socializzazione;
- la stipula di Accordi di Programma (per l’integrazione tra le attività scolastiche e attività integrative extra-scolastiche);
- la destinazione di risorse umane e strumentali (provvedimenti per le attrezzature e i sussidi, le inziative di sperimentazione didattico-organizzative, l’utilizzo degli insegnanti specializzati della scuola e gli assistenti per l’autonomia e la comunicazione messi a disposizione da altre amministrazioni),
- l’assegnazione di docenti specializzati;
- l’attivazione dell’orientamento (a partire dalla prima media);
- gruppi di studio;
- classi aperte;
- programmazione individualizzata.
La legge quadro n° 104 del 5 febbraio 1992 è stata, e continua ad essere, una legge fondamentale per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate. La Legge 104/92 deve essere letta come un elemento di rinnovata attenzione ai problemi delle persone disabili soprattutto a livello decentrato (Regioni, Comuni, Asl); questa normativa tuttavia rinvia necessariamente ad altri provvedimenti la disciplina di importanti iniziative quali la riforma dei servizi socio-assistenziali, la nuova disciplina del collocamento obbligatorio, le politiche per l'assistenza degli handicappati gravi. Come dato positivo di questa legge-quadro indichiamo la trasformazione in norma giuridica di alcune disposizioni di carattere amministrativo e la creazioni di condizioni per l'uniformità della legislazione regionale e degli enti locali. E' tuttavia necessario evidenziare il mancato riconoscimento di un vero diritto esigibile agli interventi previsti e l'ossessiva riproposizione delle espressioni "provvedono nei limiti delle risorse ordinarie di bilancio", "provvedono coi propri mezzi di bilancio", "facilitano", "possono" etc, che indicano la discrezionalità dei vari interventi e talvolta introducono elementi di ambiguità nell'applicazione di norme già consolidate.
Le principali attese nei confronti della Legge Quadro:
- necessità di sancire il diritto al raggiungimento della massima autonomia possibile per tutte le persone in situazione di handicap: “superamento disabile=soggetto da assistere”;
- necessità di sancire il diritto pieno e perfetto all’educazione e all’istruzione in ogni ordine e grado di scuola, compresala scuola secondaria di secondo grado, la formazione professionale e l’università;
- necessità di vedere riconosciuta la personale capacità lavorativa, attraverso il superamento del generico concetto di “invalidità” e l’introduzione di parametri per l’identificazione delle capacità lavorative;
- Necessità di garantire il diritto alle cure sanitarie, attraverso l’individuazione di priorità di intervento nel contesto normale di vita, privilegiando la permanenza della persona in situazione di handicap nella sua famiglia e nella sua abitazione;
- Necessità della stipula di convenzioni interistituzionali, al fine di garantire la messa in campo di sicure e dettagliate risorse di personale e finanziarie, modalità organizzative per migliorare la qualità dell’integrazione. I Gruppi di lavoro per l’integrazione scolastica intra- e interprofessionale, inter- ed extrascolastici e la previsione di Accordi di programma rappresentano, infatti, i punti di forza della Legge quadro. Con questo modalità di lavoro viene sollecitato il coinvolgimento attivo e la collaborazione dei soggetti interessati e un uso più razionale delle risorse.
Finalità della legge. Il primo articolo della legge definisce in modo compiuto quali sono i fini perseguiti, in particolare: "La Repubblica ... garantisce il pieno rispetto della dignità umana e i diritti di libertà e di autonomia della persona handicappata e ne promuove la piena integrazione nella famiglia, nella scuola, nel lavoro e nella società". Inoltre sempre l'articolo 1 termina con il seguente enunciato: "(La Repubblica) ... predispone interventi volti a superare stati di emarginazione e di esclusione sociale della persona handicappata".Soggetti a cui si applica la legge. A questo risponde l'articolo 3 che al primo comma recita: "È persona handicappata colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione. Non vi possono essere dubbi sul fatto che si tratta di una minorazione fisica progressiva, causa di difficoltà di relazione e di integrazione lavorativa tale da determinare un processo di svantaggio sociale e di emarginazione e pertanto rientrante pienamente nella definizione di legge. Ma lo stesso articolo 3 al comma 3 da una ulteriore definizione di handicap grave nel seguente modo: "Qualora la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l'autonomia personale, correlata all'età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione, la situazione assume connotazione di gravità". La competenza della certificazione è del medico specialista, su segnalazione dei servizi sanitari di base (anche tramite il dirigente scolastico con il consenso dei genitori) o dello psicologo esperto dell’età evolutiva in servizio presso l’Asl.
"È appena il caso di ricordare in proposito che con legge n. 104/1992 assume rilievo centrale il diritto alla piena integrazione nel mondo del lavoro di tutti i portatori di handicap, relativamente alle effettive capacità del soggetto, posto che l'handicap è una condizione di svantaggio nell'inserimento sociale del disabile. Peraltro, il riconoscimento dell'handicap in situazione di gravità considera espressamente interventi assistenziali mirati, permanenti, continuati e globali, diretti ai disabili, perlopiù, indirizzati a rieducarli, ma sempre con il fine di un loro inserimento sociale, tenuto conto della connotazione di gravità stessa. Ogni situazione morbosa singola o plurima deve essere considerata in rapporto alle ripercussioni rappresentate dalla menomazione, dalla disabilità e dallo svantaggio sociale, con valutazione delle capacità residue dell'individuo, determinando quella che è la potenzialità lavorativa del soggetto che deve essere recuperato".
I principi sanciti possono così riassumersi:
- E’ garantito il diritto all’istruzione dagli asili nido e nelle classi comuni delle scuole di ogni ordine e grado e nelle università;
- Si precisa la finalità dell’integrazione che deve tendere alla crescita della personalità dell’alunno in situazione di handicap e dei suoi compagni sotto il profilo degli apprendimenti, della comunicazione, della socializzazione e degli scambi relazionali. E’ questa una precisazione preziosa poiché segna l’orientamento e i contenuti dell’integrazione;
- Nessuna menomazione o disabilità può essere causa di esclusione dalla frequenza scolastica;
- La programmazione dell’integrazione si snoda per le seguenti fasi: individuazione dell’alunno in situazione di handicap ad opera di uno specialista della ASL (diagnosi clinica); segue una diagnosi funzionale, di competenza dei sanitari, che descrive le capacità e potenzialità dell’alunno; dopo un periodo di osservazione viene steso, a livello interprofessionale e con la partecipazione della famiglia, il profilo dinamico funzionale che individua più correttamente le potenzialità dell’alunno. Sulla base di questi documenti viene steso il “piano educativo individualizzato redatto anch’esso a livello interprofessionale e con la famiglia; questi documenti vengono aggiornati durante la carriera scolastica dell’alunno, a seguito di verifiche congiunte.
Tale legge oltre a ribadire i diritti della persona disabile afferma l’importanza della prevenzione, l’obbligatorietà della diagnosi precoce e di un’attività di prevenzione permanente che tuteli i bambini fin dalla nascita.
La legge 104/92 segna un chiaro punto di demarcazione fra le due linee di tendenza – quella prima dell’inserimento e l’altra seguente, dell’integrazione- e un sicuro riferimento giuridico per la prassi integrativa. La norma affronta i temi costituzionali della pari dignità sociale di tutti i cittadini e della rimozione degli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona. La scuola diventa per tutti, con il diritto ad assegni e altre provvidenze ai meritevoli e bisognosi fino al raggiungimento dei più alti gradi di istruzione. Con questa legge l’handicappato è “soggetto di diritto”e si apre la strada verso il pieno consolidamento di una reale integrazione scolastica dei “diversamente abili”.
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DALL'INSERIMENTO BRADO ALL'INTEGRAZIONE
Le matrici dell’integrazione scolastica vanno ricercate nei principi costituzionali di democratizzazione dei provvedimenti dello stato per l’istruzione e l’educazione di tutti i cittadini. La Costituzione garantisce il diritto all’istruzione, all’educazione e alla formazione, prevedendo l’obbligatorietà e gratuità dell’istruzione di base.
Il diritto allo studio è infatti un diritto soggettivo in quanto relativo alla persona e funzionale in quanto contribuisce al suo sviluppo. La sua funzionalità ha anche valenza come bene sociale destinato a migliorare la società civile.
La nostra Costituzione sancisce anche l’uguaglianza tra cittadini e questo si riversa quindi nel diritto di tutti, e quindi anche dei diversamente abili, di veder garantito il diritto all’istruzione.
Dopo la fase dell’esclusione (dagli anni ‘20 a tutti gli anni ‘50), della medicalizzazione (gli anni ‘60) e dell’inserimento brado (dal ‘70 al ‘77), dalla fine degli anni ‘70 e per tutti gli anni ’80 l’inserimento costringe ad un ripensamento: inizia la fase dell’integrazione. Possiamo individuare alcuni momenti fondamentali che scandiscono l’evoluzione dell’integrazione scolastica:
1) la nascita della scuola media unica (L.1859/62) istitutiva delle classi differenziali, che aprono la possibilità di accedere alla scuola ordinaria, superiore di I° grado, e l’obbligo scolastico fino alla licenza o alla frequenza fino al quindicesimo anno di età, anche agli alunni “disadattati”. Nelle scuole speciali si prevede quindi l’inserimento solo di coloro che presentano handicap di gravità tale da non consentire la frequenza in scuole comuni;
2) il Documento Falcucci del 1975 (C.M. 227/75) che pone le basi culturali per il passaggio definitivo dall’inserimento all’integrazione le cui principali indicazioni possono essere così riassunte:
- la scuola si fa carico del problema dell’emarginazione, anche se ciò può significare rivedere il raggiungimento delle mete culturali minime in virtù di un grado di maturazione raggiunto riconoscendo a pieno titolo qualsiasi tipo di apprendimento, sia esso dovuto ad intelligenza logico/astratta o senso/motoria oppure al processo di socializzazione;
-la scuola deve quindi rivedere i suoi criteri di valutazione, le sue strutture organizzative, subordinare i mezzi ai fini;
- viene suggerito un modello di scuola per l’integrazione aperto all’intervento di più operatori, che possano fornire agli insegnanti un quadro generale delle condizioni ambientali, relazionali, psicologiche dell’alunno;
- essenziale è il lavoro d’equipe e interdisciplinare tra operatori diversi, che parlano diversi linguaggi, volto alla definizione e alla realizzazione di progetti educativi comuni.
3) Dalla fine degli anni 70, grazie anche alla L. 517/77, che recepì tutte le novità della circolare del ministro Falcucci (abolizione classi speciali e differenziali, inserimento nelle scuole elementari e medie normali, forme particolari di sostegno che prevedono programmazione collegiale, insegnante di sostegno e classi aperte) inizia un fermento. Furono anni di intenso lavoro politico per una più grande democratizzazione della società e della scuola italiana. Si combatteva contro ogni marginalizzazione sociale. L’appassionato dibattito socio-politico fece maturare una critica ad ogni struttura emarginante, ma soprattutto ai metodi di assistenza, cura ed educazione di tutti gli handicappati in ogni struttura chiusa. Iniziarono così -con questo spirito- le prime esperienze di chiusura degli istituti speciali e il conseguente inserimento scolastico, anche se la disorganizzazione e l’inadeguato approfondimento culturale rese il tutto scoordinato. Non s’era capito che il semplice stare con gli altri, la partecipazione passiva all’attività scolastica non avrebbe consentito alcun risultato se non di rigetto, anche se il principio del minimo progresso possibile stava lentamente penetrando nella coscienza della classe docente. L’impreparazione generale di tutto il corpo docente a supportare anche solo metodologicamente la novità non ricevette alcun aiuto dai pochi insegnanti detti di sostegno che l’Amministrazione si affrettò ad istituire. La presenza degli alunni disabili fece sì che la scuola si ponesse il problema della gestione della diversità in classe. Si impose il principio dell’uguaglianza, ma anche quello del rispetto delle diversità. Il principio pedagogico della scuola per tutti ma secondo ciascuno penetrò nel tessuto culturale dei docenti, sicché il bambino handicappato doveva sì essere il più possibile come gli altri, ma tenendo conto di un approccio della sua diversità sempre più vista come risorsa individuale. La dizione integrazione sostituì ben presto quello di inserimento sia nell’ambito scolastico, sia in quello sociale e legislativo. Iniziò allora un impegno attivo perché l’handicappato fosse integrato nel gruppo dei suoi coetanei, della scuola, del territorio. Inizialmente si trattò di intenti di non facile attuazione in quanto un tal cambio di mentalità socio-politico-culturale pose problemi di gestione organizzativa e indusse a processi di cambiamento interiore per un’assunzione di responsabilità non solo delle diverse comunità scolastiche, ma dei singoli cittadini che avevano in qualche misura un ruolo nella galassia handicap. Le norme di legge talora hanno anticipato e fatta maturare la sensibilità pubblica, ma le buone prassi delle esperienze più significative nel tessuto scolastico operante hanno anticipato e promosso le stesse iniziative legislative. Si ricordi che gli insegnanti di appoggio, come venivano chiamati quelli che ora la legge indica col termine sostegno, erano in situazione non solo di precariato, ma pure considerati insegnanti di serie B, a seconda del clima politico di un determinato ambiente, oppure erano mal sopportati o invitati a star fuori della porta delle classi o …. Si inizio comunque a comprendere che l’inserimento fisico dei disabili e il semplice stare insieme agli altri non poteva offrire di per sé alcun frutto. La fretta con cui erano state chiuse le scuole speciali e il misconoscimento dell’altro principio generale della didattica, l’individualizzazione (il primo lo si è già ricordato è la socializzazione, che tuttavia non consiste nella mera vicinanza fisica), aveva nel frattempo disperso tutto il patrimonio di esperienze che nei precedenti decenni le scuole speciali avevano accumulato. Gli insegnanti delle scuole che nelle scuole speciali -per quanto a centratura medicale- avevano un ruolo e una funzione specifica nell’educazione dei soggetti in difficoltà, dovettero in qualche modo riciclarsi e, poiché per lo più erano insegnanti di istituti non statali o comunque con una specializzazione non riconosciuta per fruirne nelle scuole ordinarie, finirono col disperdersi in mille rivoli a seconda dei loro titoli di studi riconosciuti.
4) Si arriva così alla legge 104/92 dove vengono affrontati i temi costituzionali della pari dignità sociale di tutti i cittadini, della rimozione degli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona e sancisce la scuola per tutti.

In questo lungo cammino possiamo notare come è stata capovolta l’impostazione tradizionale basata sulla necessità di effettuare gli interventi riparatori-riabilitativi prima di quelli didattici. Attualmente si decondiziona partendo dalla scolarizzazione. Gli alunni diversamente abili hanno diritto a frequentare la scuola ordinaria dalla materna all’università, con la garanzia di poter affrontare le proprie difficoltà in termini pedagogici e giuridici ben definiti, al fine di raggiungere il massimo dello sviluppo personale. Questo ha significato anche una maggior sensibilizzazione nel coinvolgimento delle diverse amministrazione ed istituzioni (scuola, sanità, enti locali, ambiente sociale e familiare) e la valorizzazione del fattore sinergico e coeducativo prodotto sul resto della classe che viene coinvolta delle metodologie e didattiche rivolte al diversamente abile.
I canoni dell’integrazione scolastica sono: mettere in primo piano la centralità dell’alunno nei processi scolastici, la piena dignità di tutti i linguaggi espressivi, l’accettazione del valore di tutte le intelligenze, la considerazione dei ritmi di apprendimento, la possibilità di attuare delle sperimentazioni didattiche-metodologiche, la programmazione rispettosa delle condizioni di partenza, degli obiettivi perseguibili, dei progressi obiettivamente valutabili, la possibilità di rilasciare attestati curricolari in sostituzione di quelli certificativi, ecc. (come si evince
anche dal Regolamento per l’autonomia delle istituzioni scolastiche).
(I canoni dell’integrazione scolastica possiamo sintetizzarli nell’utilizzazione dell’educazione scolastica, della cultura delle discipline scolastiche, adottare specifici criteri e metodologie didattiche, la socializzazione nelle interrelazioni con i compagni, l’apporto di tutti gli operatori (scolastici, sanitari, sociali e famiglia) per favorire il pieno sviluppo della persona nel rispetto di tutte le sue potenzialità.)
I punti cardine per l’integrazione scolastica possiamo così sintetizzarli:
- nulla deve impedire l’esercizio del diritto all’istruzione ed educazione;
- appropriata documentazione diagnostica, dinamica e funzionale;
- individuazione dei responsabili l’integrazione;
- attribuzione di rispettive competenze alle diverse istituzioni coinvolte;
- particolari accorgimenti metodologici e didattici;
- riconoscimento di adeguati criteri valutativi dei risultati conseguiti.
L’inserimento di un alunno disabile in una classe non costituisce integrazione se non sussiste la presenza di un insegnante per il sostegno. Ma è anche necessario che la cultura dell’integrazione sia diffusa a tutti i docenti e ai collaboratori scolastici, possibilmente prevedendo nei POF adeguate proposte di formazione e aggiornamento (compito dei Gruppi di lavoro).
Il processo di integrazione scolastica sembra aver superato la fase dell’inserimento selvaggio teso a salvaguardare il diritto di frequenza della scuola ordinaria per tutti anche trascurando la cura dei mezzi organizzativi e finanziari, a discapito del servizio e quindi del risultato, grazie anche alla specializzazione dei docenti di sostegno in atto in questi anni.

Diritto all’INTEGRAZIONE SCOLASTICA: va perseguita attraverso:
- lo sviluppo delle potenzialità delle persona con handicap;
- nell’apprendimento, nella comunicazione, nella relazione e socializzazione;
- la stipula di Accordi di Programma (per l’integrazione tra le attività scolastiche e attività integrative extra-scolastiche);
- la destinazione di risorse umane e strumentali (provvedimenti per le attrezzature e i sussidi, le inziative di sperimentazione didattico-organizzative, l’utilizzo degli insegnanti specializzati della scuola e gli assistenti per l’autonomia e la comunicazione messi a disposizione da altre amministrazioni),
- l’assegnazione di docenti specializzati;
- l’attivazione dell’orientamento (a partire dalla prima media);
- gruppi di studio;
- classi aperte;
- programmazione individualizzata.
L’integrazione scolastica è un fattore che anticipa e promuove la successiva integrazione sociale e lavorativa (vedi integrazione).
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ORIENTAMENTO SCOLASTICO E PROFESSIONALE
L’orientamento rientra tra le finalità della scuola in quanto tenta di coniugare i bisogni, individuali e collettivi, con l’offerta-formativa ed occupazionale per l’affermazione della persona. Le varie iniziative sono volte a facilitare le scelte, ridurre gli abbandoni e far perseguire l’obbligo scolastico e formativo con successo, sia per la domanda dell’allievo sia per quella posta dalla società, il mondo del lavoro, alla scuola. Sono obbiettivi che non si rifanno solo a scelte politiche del sistema di istruzione nazionale, ma che emanano dagli indirizzi dettati dalla teoria pedagogica di attuale riferimento che pone l’alunno quale centro d’interesse del processo di insegnamento-apprendimento. Orientare significa da un lato attivare iniziative per informare, dall’altro implica il processo educativo e formativo degli allievi. Capi di istituto e docenti a questo riguardo sono i promotori dei rapporti interistituzionali per le iniziative di divulgazione delle offerte che si concludono nell’organizzare gli incontri con i genitori e gli studenti per far conoscere le opportunità della propria scuola e territoriale. E’ necessario saper cogliere le differenze individuali e valutarne le soggettività, desiderare di poter dare risposta ai bisogni nel dare valore alle esperienze personali, motivare suscitando dignità e speranza nelle risorse e potenzialità, puntare sul rinforzo dell’autostima per far evitare la rinuncia, stimolare e valutare correttamente il compito per non indurre al fallimento, aprire la mente ed il comportamento alla flessibilità di reazione. Il tutto per creare una personalità che sa progettare il proprio futuro ed è disponibile a saper spendere il valore delle proprie capacità e dei propri meriti. In questa prospettiva aiutare l’alunno a scegliere significa aver valutato le sua risorse ed attitudini, valorizzato le sue capacità, sottolineato le valenze educative del suo curricolo culturale e formativo in vista di obiettivi raggiungibili a breve, media e lunga scadenza perché il suo processo formativo è connaturato al processo orientativo.
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LA VALUTAZIONE ORDINARIA
In linea generale, la valutazione degli alunni diversamente abili deve essere effettuata da tutti gli insegnanti, sulla base del PEI. Tale valutazione dovrà essere corredata da una serie di specificazioni relative a particolari criteri didattici adottati, (ad esempio, per alunni con ritardo mentale lieve gli aspetti concettuali sono stati semplificati in funzione di una loro traduzione pratica) alle attività integrative o di sostegno eventualmente svolte in sostituzione dei contenuti parziali di alcune discipline (ad esempio: per un alunno con minorazione motoria o visiva il disegno è stato sostituito con lo studio teorico). I tempi per l’esecuzione delle prove possono essere più lunghi. Le stesse prove possono essere equipollenti nel senso che il loro contenuto si differenzia nei modi di accertamento ma non nei risultati consentendo una valutazione legale (es. sostituzione di elaborati scritti con questionari da completare; sostituzione di un colloquio con una prova scritta; uso di strumenti tecnici). Differentemente negli esami di licenza media l’art 10, comma 11 dell’OM n. 65/98 stabilisce che gli alunni possono svolgere prove differenziate.
Negli esami di Stato conclusivi degli studi, il consiglio di classe deve fornire alla commissione tutti gli elementi necessari all’eventuale predisposizione delle prove equipollenti, ai criteri di valutazione adottati e allo svolgimento dell’assistenza per l’autonomia e la comunicazione. Per l’uso di mezzi tecnologici la commissione può avvalersi anche di esperti esterni. Per gli alunni con minorazioni fisiche e sensoriali è consentita anche la presenza di interpreti gestuali per i candidati audiolesi che ne facciano richiesta. Il ministero è altresì obbligato ad inviare alle commissioni, per i candidati con forte disabilità visiva che ne facciano richiesta per tempo, il testo delle prove scritte trascritto con caratteri puntiformi braille.
La promozione alla classe successiva viene decisa se il consiglio di classe ritiene che l’apprendimento sia globalmente riconducibile agli apprendimenti ritenuti idonei per una valutazione positiva rispetto ai programmi ministeriali
La valutazione differenziata
Nel caso in cui la programmazione individualizzata contempli “obiettivi didattici e formativi non riconducibili ai programmi ministeriali”, l’alunno può essere ammesso alla classe successiva con l’attribuzione di voti relativi solo al PEI, quindi senza valore legale. In tal caso deve essere apposta sulla pagella una specifica annotazione (la presente votazione è riferita al PEI e non ai programmi ministeriali). Non deve essere fatta, invece, alcuna annotazione nei tabelloni esposti all’albo della scuola. Tutti gli alunni che seguono un PEI differenziato possono essere promossi o ripetenti. In quest’ultima ipotesi occorre abbassare il livello degli obiettivi culturali previsti dal PEI. In caso di esito positivo, gli alunni vengono ammessi alla frequenza della classe successiva, quindi, formalmente, non si ha una promozione. La famiglia dell’alunno con handicap deve essere preventivamente informata dell’eventuale valutazione differenziata. Se non c’è assenso, l’alunno viene valutato secondo i normali parametri.
Negli esami di licenza media si dà la possibilità agli alunni con ritardo mentale grave che non riescono a conseguire il diploma di licenza media, di essere ammessi alla frequenza della prima classe di scuola superiore, al solo fine di poter completare l’adempimento dell’obbligo scolastico e di conseguire un attestato con il riconoscimento dei crediti formativi maturati.
Negli Istituti Superiori gli alunni che hanno conseguito un Piano Educativo Individualizzato sono ammessi agli esami di Stato ma al solo fine di ottenere il rilascio dell’attestato Le prove d’esame sono differenziate, cioè coerenti con il percorso didattico differenziato svolto e sono predisposte dalla commissione d’esame.
Gli allievi valutati secondo il P.E.I. possono partecipare agli esami di qualifica professionale e di licenza di maestro d’arte svolgendo prove differenziate secondo il loro percorso didattico, per il conseguimento di un attestato delle abilità e competenze raggiunte spendibile come credito formativo nella frequenza di corsi di formazione professionale.
La valutazione orientativa
La valutazione considerata come ambito pedagogico didattico teso ad accertare il patrimonio psico-intellettivo dell’alunno in cui confluiscono i contenuti ed i prodotti dell’azione educativa e formativa dell’integrazione scolastica, va confrontata con le aspirazioni ed attitudini personali al fine di equilibrare risorse e potenzialità personali proprie dell’alunno stesso con ideali e requisiti richiesti per l’attuazione delle sue scelte future. Questo processo inerisce quegli ambiti normativi che trattano dell’orientamento scolastico e professionale.
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L’INSEGNANTE DI SOSTEGNO
La formazione
L’insegnante specializzato viene visto sempre più come un mediatore dell’integrazione e su questo aspetto si concentra l’attività formativa dei corsi, che puntano ad evidenziare gli aspetti di professionalità non tanto con interventi didattici per specifiche minorazioni, quanto con interventi didattici con tutta la classe e di consulenza a tutti i colleghi curricolari.
I punti cardini dei predetti corsi sono:
- l’integrazione scolastica deve impegnare tutti gli operatori scolastici;
- la formazione di un insegnante specializzato non esclude la riqualificazione di tutti gli altri docenti;
- i programmi devono essere concepiti come strumento di formazione iniziale e aggiornamento permanente e ricorrente.
Gli obiettivi sono quelli di “preparare docenti che agiscono come supporto ai colleghi per evidenziare i nodi metodologici e didattico-disciplinari in cui più si inceppa l’azione di educazione e istruzione nei confronti di soggetti in condizione di handicap”.
Secondo lo spirito degli attuali corsi di formazione, gli insegnanti di sostegno devono collaborare alla programmazione facendo interagire gli obiettivi educativi con quelli disciplinari propri dell’istruzione.
Il ruolo dell’insegnante di sostegno
L’insegnante di sostegno è un insegnante specializzato che viene assegnato, in piena contitolarità con gli altri docenti, alla classe in cui è inserito il soggetto diversamente abile per attuare “forme di integrazione a favore degli alunni portatori di handicap” e “realizzare interventi individualizzati in relazione alle esigenze dei singoli alunni”.
L’insegnante di sostegno ha un ruolo determinante nel processo di integrazione quanto più abbandona posizioni marginali e si prospetta come risorsa competente e mediatrice. Integrato nell’organizzazione della scuola, l’insegnante di sostegno non si limita al rapporto esclusivo con l’allievo in situazione di handicap, ma lavora con la classe, così da fungere da mediatore tra l’allievo disabile e i compagni, tra l’allievo disabile e gli insegnanti, tra l’allievo disabile e la scuola.
L’insegnante di sostegno dovrebbe lavorare con gli insegnanti di classe in sede di programmazione e di individuazione di strategie atte alla realizzazione di processi integranti di insegnamento. Nel team teaching, questo insegnante “speciale” si dovrebbe pertanto trovare a pianificare con i colleghi l’attività d’insegnamento per tutta la classe ed assumersi, in rapporto a sue specifiche competenze didattiche, alcune responsabilità d’insegnamento per i diversi alunni. Il compito dell’insegnante di sostegno dovrebbe essere quello di collaborare con gli altri insegnanti al fine di adattare il curricolo pensando a tutti gli studenti, esaminando i problemi che si potrebbero incontrare e sviluppando metodi di insegnamento e materiali che permettano il loro superamento e, trattando, nel fare ciò, le difficoltà dei soggetti disabili come aree problematiche del curricolo stesso più che bisogni speciali di un solo soggetto. Sempre in collaborazione con gli altri docenti dovrebbe partecipare alla programmazione del “quotidiano insegnamento”, contribuire alla scelta di strategie di insegnamento utilizzabili con tutta la classe e collaborare alla predisposizione dei materiali e dei supporti didattici facilitanti l’apprendimento dei diversi alunni, partecipare attivamente all’erogazione di insegnamenti nei confronti dell’intera classe. Unica eccezione alla sua partecipazione alle attività di elaborazione e verifica delle attività di competenza degli organi collegiali è quella che non può essere nominato commissario d’esame di stato, ma può assistere il candidato durante le prove.
Il docente di sostegno deve possedere:
capacità professionali: di ascoltare e fruttuosamente raccogliere le istanze dei colleghi, di essere da supporto ai colleghi nell’individuare i nodi metodologici e didattico-disciplinari in cui si inceppa l’azione di educazione-istruzione; capacità di individuare specifici bisogni personali, risorse potenziali dell’alunno e scegliere strategie di miglioramento e successo; far sperimentare al contesto educativo la dinamica delle esigenze degli alunni portatori di handicap; esperto della materia inerente l’integrazione scolastica con competenze relazionali, disciplinari e metodologiche Un appropriato CODICE DEONTOLOGICO. Un adeguato approccio professionale che permetta:
Competenze relazionali: doti naturali nella dimensione affettiva del rapporto educativo per soddisfare i valori prescritti a livello normativo di UGUAGLIANZA, PARI DIGNITÀ, SOLIDARIETÀ, RISPETTO DELLE DIFFERENZE … Deve saper interagire con diversi tipi di operatori, essere promotore di collaborazione tra questi e la famiglia, creare coesione tra i gruppi ed i soggetti. Agendo come osservatore esterno, pur essendo all’interno della classe, la sua azione si esplica come sostegno all’insegnante curricolare con una adeguata conoscenza della didattica e della metodologia, una preparazione psicopedagogia appropriata all’individualizzazione ed una sensibilità socio-relazionale aperta a tenere in considerazione gli agenti esterni alla prassi scolastica, la famiglia e gli operatori esperti.
Competenze e conoscenze disciplinari e metodologiche: che si esplica attraverso l’esaltazione della specializzazione nell'ottica di una mentalità rivolta all'INTEGRAZIONE privilegiando l'attività di natura educativa e la dimensione culturale delle capacità di argomentare in chiave soprattutto pedagogica. Le sue competenze devono permettergli di interpretare i linguaggi dei diversi operatori coinvolti, i rispettivi principi metodologici e le finalità senza confonderne le competenze. Deve essere in grado di valorizzare tutte le forme espressive, tenendo in considerazione sia l’intelligenza logico-astratta, che quella senso-motoria e pratica; deve dare la giusta importanza alla socializzazione sapendo approntare specifiche forme di attività che favoriscano l’inserimento del diversamente abile nel gruppo; deve essere in grado di redigere un programma educativo-didattico e un piano educativo individualizzato; garante di continuità scolastica e formativa; abile nel circoscrivere i problemi, progettare e definire ipotesi di soluzione, sensibile alla ricerca e sperimentazione, soggetto ad aggiornamento continuo; promotore di tutte le iniziative adottate dagli organi collegiali per colmare i diversi bisogni tra gli alunni e superare gli scompensi rilevati negli apprendimenti medianti accorgimenti metodologici ed interventi individualizzati atti a favorire il raggiungimento degli obiettivi prefissati.
L’attività essenziale è di natura educativa, ma la dimensione culturale delle sue capacità di argomentare in chiave pedagogica deve essere estesa anche alla dimensione clinica onde evitare una sudditanza della prima nei confronti degli operatori medici e terapeutici.

I requisiti dell’insegnante specializzato sono:
Avere una visione generale, giuridica e pedagogica, sociale e pedagogica, di cosa significhi integrazione scolastica di soggetti in condizione di handicap.
Saper facilitare gli scambi relazionali dentro e fuori la classe.
Saper programmare a partire da un’analisi delle priorità fino alla sintesi degli interventi.
Adottare elasticità nella dinamica delle situazioni da affrontare, nelle proposte operative, nell’adozione della sperimentazione.
Saper difendere i diritti delle persone deboli.
Prevedere l’autoririflessione ed il feedback nella propria condotta professionale.

E’ necessario che l’insegnante di sostegno sia animato da un surplus di vocazione che gli permetta di superare sia le frustrazioni legate alla professione docente che quelle dovute alle contingenze proprie dell’handicap. Il docente di sostegno si trova coinvolto in prima persona dalla condizione di handicap, con le frustrazioni che ne possono derivare, dal rapporto privilegiato ed individualizzato con l’alunno, dalle istanze che gli giungono dai colleghi curricolari, dalla famiglia, dagli operatori psico-sanitari .Ecco che il docente demotivato potrebbe non resistere a lungo. Deve essere in grado, grazie anche alla sua professionalità, di trasformare rassegnazione, emarginazione, scarsa considerazione da parte dei colleghi e della dirigenza, inadeguato appagamento delle aspettative personali, in successo e gratificazione, ambizione ed orgoglio. Deve avere qualità morali, che inducono all’impegno, alla disponibilità all’apertura verso il prossimo. Le competenze assunte dal docente devono unire nel docente il carattere etico della professione con il requisito umano della morale. Possiamo così riassumerle:
- riguardano la sfera dei rapporti umani (con allievi, colleghi, istituzioni, genitori, per la definizione e risoluzione di conflitti, la capacità di motivare e negoziare, partecipare alla coordinazione di progetti, ecc.
- coinvolgono l’aspetto proprio personale (nella capacità di assumere decisioni risolutrici, con l’esercizio alla riflessione autocritica, abituando alla flessibilità di pensiero e creatività operativa,…)
- coinvolgono l’aspetto professionale (qualificando la presenza in aula con i suggerimenti innovativi, proponendosi come ricercatore e sperimentatore di didattiche e metodologie, responsabilizzandosi a fronte della qualità del proprio lavoro, …).
Il docente di sostegno deve saper cercare risorse nel mondo esterno attraverso le attività extraculturali e traversali, di continuità didattica ed orientamento, proiettando l’alunno oltre il tempo scuola e quindi favorendo così una sua crescita.
Deve saper coniugare la libera iniziativa dettata dalle circostanze con l’osservanza delle disposizioni socio-istituzionali e con il rigore sperimentale attribuito alla prassi nella relazione per l’apprendimento. L’atto di docenza può essere paragonato all’esperimento scientifico: si ipotizza un risultato, si programma un’applicazione, si verifica, ma tenuto conto della materia aleatoria con cui si ha a che fare , non può mai essere determinante l’obiettivo stabilito ai fini di considerare completato il proprio lavoro. Mai dare per scontato il prodotto, né fermarsi al livello raggiunto, sia questo un progresso-successo, sia un regresso-insuccesso. Deve avere un atteggiamento ottimistico che gli consenta di partire da ciò che c’è e non da ciò che manca.
CRITERI PEDAGOGICI: una teoria della specializzazione trova i suoi fondamenti nei concetti di integrazione e sostegno. L’evoluzione dei processi di scolarizzazione degli alunni diversamente abili mediante l’accoglienza in classi ordinarie è dovuta a criteri pedagogici adottati istituzionalmente e consolidati nella pratica.
FALCUCCI CM. 227/75: La scuola si fa carico del problema dell’emarginazione, anche se ciò può significare rivedere il raggiungimento delle mete culturali minime in virtù di un grado di maturazione raggiunto riconoscendo a pieno titolo qualsiasi tipo di apprendimento, sia esso dovuto ad intelligenza logico/astratta o senso/motoria oppure al processo di socializzazione.
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